La “cooperativa” francese di Europa Ecologia contro “l’incubo italiano”

Dopo la vittoria della sinistra variamente intesa (ma unita) alle regionali francesi, Daniel Cohn Bendit, il leader storico dei Verdi francesi, rilancia il modello della nuova coalizione ecologista che in Francia ha ottenuto il 12% abbondante.


Aldilà delle differenze di sistema e di storia politica, il modello è quello che mi interessa.

Europa Ecologia ha al suo interno, come nucleo fondante, un partito ecologista come quello dei Verdi francesi (piuttosto moderato) che ha battuto il suo declino di qualche anno fa, smarcandosi dai politicismi e dall’alleanza con l’altrettanto declinante Partito Socialista, dopo l’ubriacatura neoliberista e sviluppista degli anni 90 e primi anni duemila.

I Verdi francesi hanno riscoperto le origini delle loro ragioni di esistere e sono stati capaci di riacquistare un minimo di coerenza e credibilità per l’elettore eologista e di sinistra, alleandosi con i movimenti civici e alter mondialisti, ovvero con quella parte degli ecologisti che hanno chiaro che non si possono separare “green economy”, come va di moda chiamarla adesso, e una critica radicale al modello di produzione e consumo oggi imperanti, alla questione sociale della ricchezza e della sua distribuzione, alla difesa di un nucleo centrale di “beni comuni” che devono essere sottratti alle logiche di mercato.

Portate pazienza e leggetevi questa citazione dall'appelo di Cohn Bendit:

“Siamo chiari: è fuori questione di abbandonare agli apparati di partito questa dinamica di rinnovamento politico e sociale. Fare questo significherebbe andare anche noi nel cimitero, già affollato, delle speranze deluse (…) Senza rinnegare la storia recente, è tempo di incarnare l’ecologia politica in un corpo nuovo, una forma politica ampiamente inedita, aperta (…). Astensione, populismi, clientelismo. Questa elezione lo prova una volta di più: da decenni, il fossato tra società e politica non ha fatto che ingrandire. Il divorzio democratico è profondo (…).


Il movimento politico che dobbiamo costruire non puo’ apparentarsi a un partito tradizionale. Le questioni in gioco nel XXI secolo richiedono una metamorfosi, una riorganizzazione della forma stessa della politica. La democrazia esige un’organizzazione che rispetti la pluralità e la singolarità delle sue componenti. Una biodiversità sociale e culturale (…) Abbiamo bisogno di un modo di organizzazione politica che pensi e conduca la trasformazione sociale, in fase con la società della conoscenza (…). In pratica, la politica attuale ha espropriato i cittadini spossessandoli della polis, in nome del razionalismo tecnocratico o dell’emozione populista. E’ necessario ripoliticizzare la società civile e, allo stesso tempo, civilizzare la società politica e far passare la politica da un sistema di proprietari a quello dei software liberi (…). La forma partitica classica è ormai inadatta alle nuove esigenze delle nostre società, ma credo, inoltre, presto o tardi, entri in contraddizione con la nostra cultura anti-autoritaria, principio fondamentale del pensiero ecologico. Né partito macchina, né partito impresa, preferirei che inventassimo assieme una cooperativa politica”

Ha senso un appello di questo tipo in Italia (o almeno in Emilia? O a Carpi?)

Qua partiamo con alcuni svantaggi. Il primo è che la crisi di credibilità della classe politica italiana ecologista e di sinistra, è ancora lungi dall’essersi risolta.

Il progetto unitario di Sinistra Democratica, poi Sinistra e Libertà, oggi Sinistra Ecologia e Libertà, ha mascherato il riciclo di una classe politica vecchia e screditata (quando vedo Franco Giordano o Gennaro Migliore in televisione, mi viene l’orticaria), peraltro progetto abbandonato dai Verdi, che dopo lo sputtanamento di Pecoraro Scanio, continuano a tenere in piedi un simbolo che ormai è più il simbolo di un’appartenenza di clan, specie a livello locale, che prescinde da ogni valutazione (e soprattutto autovalutazione) di cosa siano stati questi ultimi 15 anni di Verdi alleati del centrosinistra emiliano, che ci ha fatto ingoiare TAV, inceneritori, bretelle, strade, sottostrade e che usa la “green economy” come specchio per le allodole, relegandola poi nei fatti a pura cosmesi dei peggiori interessi cementificatori di questo paese.

C’è il nodo comunista. Anche qua, il problema della credibilità minata da alleanze improponibili a livello locale, ridotti all’ininfluenza.
Le poche lodevoli eccezioni di opposizione coerente al modello imperante di liberalizzazione economica, privatizzazione dei beni comuni e devastazione ambientale, come a Carpi, sputtanate dall’atteggiamento “poltronista” del partito bolognese, regionale e della componente che fa riferimento al PDCI.

Infine la novità del Movimento Cinque Stelle. Programma condivisibile (tranne certe stronzate superflue), ma, secondo me, ancora monco nelle regole, incapace di distinguere il proprio “destino” dall’istrionismo di Beppe Grillo (continuo ad avere un pregiudizio, che considero igienico,  nei confronti delle masse che acclamano e seguono acriticament un capo, anche quando il "capo" dice alcune cose condivisibili), viziato da un eccesso di antipartitismo, incapace di distinguere tra il ceto politico e il popolo dei militanti ed attivisti, che in Emilia ancora tengono in piedi quel che resta dei partiti di sinistra, con i quali si potrebbe parlare e che non avrebbero problemi a sostenere molte delle posizioni del Movimento, se solo i “grillini” la piantassero una buona volta di gettare con l’acqua sporca della “casta politica”, anche il bambino di una tradizione secolare di partecipazione e di lotte sociali, fatte da persone disinteressate e con valori ideali non del tutto dissimili.

Resta però la necessità di dare un calcio al sistema di potere della maggior parte dei partiti che governano l’Emilia, che deve partire dal sostegno a candidati credibili alle prossime elezioni regionali.

Credibilità delle persone, unico motivo che mi ha spinto a chiedere pubblicamente il voto per Roberto Galantini, in provincia di Modena, che si candida con il Movimento Cinque Stelle, altrimenti per me, l’unica alternativa credibile sarebe stato il non voto.
Perchè non si può essere credibili se si predica la fine della precarizzazione del lavoro e ci si allea con chi lo ha inventato (il PD nelle sue versioni precedenti, con la legge Treu), non si può essere credibili se si manifesta contro gli inceneritori alleandosi con chi li costruisce, non si può essere credibili se si predica contro la privatizzazione dell'acqua e ci si allea con chi della privatizzazione dei beni comuni ha fatto in regione il proprio credo e la propria base per un invadente sistema di potere.
Oppure, lo si può fare ma solo dopo aver raggiunto la forza necessaria per incidere in modo significativo su tutti questi temi.
Questo intendo per credibilità.

E per il resto? Per il dopo? Nulla. Tocca lavorare, cucire, unire, non tanto le organizzazioni, ma le persone.

Sono pessimista e ritengo che l’attuale ceto politico della sinistra italiana, costituirà, ancora per alcuni anni, il principale ostacolo alla costruzione della “cooperativa politica” sul modello di Cohn Bendit, che a me appare non tanto “auspicabile” ma necessaria e che ,secondo me, in Italia, dovrebbe trovare posto non solo per associazioni, movimenti e persone, ma anche per tutte le formazioni politiche di sinistra.

Prima di ritirarsi nel movimentismo fine a se stesso, nel qualunquismo o nell’astensionismo, più di quanto già non si siano ritirate larghe fette della società italiana, bisognerebbe almeno seriamente provarci . Nel frattempo, teniamo d’occhio cosa succede in Francia.

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