Dopo la débâcle di due ex sindaci che non riuscirono a farsi
eleggere in consiglio regionale (Cigarini e Campedelli), nonostante i voti
plebiscitari per il loro partito, il più grande Comune della provincia dopo il
capoluogo (sì, saremmo noi) si appresta a queste elezioni con un vero e proprio
stuolo di candidati.
Vediamo come e quali, in rigoroso ordine di probabilità di
elezione
Non si sono mai viste tante risorse spese dal partitone carpigiano per promuovere la raccolta di preferenze in un’elezione regionale. La candidata punta tutto su una comunicazione “emo”, per un per un po’ sono apparsi i manifestoni 6 x 3 che la vedono in una bellissima foto con chioma agitata dal vento e “claim” (come dicono i pubblicitari fighi) dialettal sentimentale “At voi ben”, ripetuto in ogni video presente sul suo sito addobbato apposta per queste elezioni.
Politicamente parlando in origine fu funzionaria CISL dopo
un breve periodo come insegnante (lavoro che per me induce al massimo rispetto a
qualsiasi ordine e grado). Eletta consigliera
comunale, poi assessora nella prima giunta Bellelli. Tenuto conto delle “origini”,
a me che sono ingenuo, fece abbastanza stupore scoprire che era la principale
sostenitrice alle primarie per la Schlein (in un comune che per due terzi era
schierato con Bonaccini).
Quindi, riassumendo, la “sezione comunale” più “bonacciniana”
d’Italia (o quasi), per la prima volta nella sua storia ha una candidata donna
e per di più capolista (un onore meramente simbolico, visto che alla fine passa
poi chi raccoglie le preferenze, come ben sanno quelli che l’hanno preceduta,
che comunque non avevano tutto questo appoggio entusiastico del partitone carpigiano dietro),
che “tecnicamente” rappresenta la “sinistra” del partito, venendo dal sindacato
che quando sente dire “sciopero generale” si fa il segno della croce e si
difende con effluvi di acqua benedetta.
Come è possibile tutto ciò? Semplice, basta non prendere mai pubblicamente una
posizione autonoma in quindici anni di politica locale: non una voce si è
sentita da lei durante le giunte Campedelli e Bellelli sui destini di AIMAG,
sull’urbanizzazione o, che so, su temi infrastrutturali di portata regionale
come Cispadana e Bretella Campogalliano –
Sassuolo.
Nelle elezioni precedenti a Campedelli non bastarono 5500 preferenze, si trova a competere con vecchi marpioni del potere locale come Muzzarelli che 5000 preferenze le fa alzando un sopracciglio.
Rischio concreto che il suo “At vòi Bein” si trasformi nell’elettorato non strettamente
militante del partitone carpigiano in un più prosaico, politicamente parlando, “Stâm só d’adôs”
Come candidata all’interno della sua lista potenzialmente ha più probabilità di Gasparini di svettare, dato che quattro mesi fa è stata candidata Sindaca di Carpi apposta per questo, mica perché di Carpi gliene fregasse qualcosa (esattamente come la candidatura a perdere di Ugolini a Presidente della Regione).
La sua candidatura è insomma una questione di sviluppi di
carriere interne in Fratelli d’Italia, di conti che devono regolare non avendo
mai avuto nulla da gestire negli ultimi 70
anni qua in regione.
Il punto è che i posti nella lista provinciale per
andare in regione sono solo sei.
Visto l’andazzo da quattro a cinque andranno a
partiti di maggioranza, alla destra gliene rimane uno, se saranno molto fortunati
con i recuperi due (il sistema elettorale regionale, nel caso non lo avessi già
detto, è un marchingegno delirante).
Non frequentando ambienti di destra non ho idea se fra i suoi
camerati provinciali extra carpigiani Arletti abbia qualche seguito (bisogna
ammettere che nel capoluogo hanno tutti fatto un clamoroso flop alle ultime
amministrative).
In ogni caso intendiamoci: bisogna essere veramente affetti da
idiotismo campanilista per credere che per Carpi conterebbe qualcosa avere una
consigliera regionale che viene dalla destra meloniana.
Una candidatura pari e simmetrica a quella della Gasparini, con meno probabilità di elezione visto che la lista provinciale sarà dominata da Paolo Trande e AVS fa un quarto dei voti del partitone.
Lei viene da una lunga carriera sindacale in CGIL (svolta
con merito e dignità), iscritta e militante del partitone più o meno da quando
c’ero anche io, nel più classico dei collateralismi novecenteschi. Nominata
assessora al sociale nella seconda giunta Bellelli, pare uscì senza clamori dal
partito in epoca renziana, cosa che le fa onore, intendiamoci, ma la ricordo
distintamente ad un’iniziativa a supporto dell’elezione della Schlein (e qua ci
staremmo anche per coerenza), salvo vederla poi “a sorpresa” candidata nelle
liste AVS, dopo che la Schlein ha vinto.
Come è possibile tutto ciò? Semplice, basta non prendere mai
pubblicamente una posizione autonoma in sette anni di politica locale: non una
voce si è sentita da lei durante le giunte Bellelli sui destini di AIMAG, sull’urbanizzazione
o, che so, su temi infrastrutturali di portata regionale come Cispadana e Bretella Campogalliano – Sassuolo, fino all’ultima
campagna elettorale.
Se notate qualche assonanza con quanto detto per Gasparini
non è del tutto casuale: direi che è proprio un modus operandi: la disciplina
di partito (o di maggioranza) in
pubblico può anche essere un pregio (per alcuni).
Dopo la sfortunata vicenda della sua candidatura contro Righi per le primarie a Sindaco di Carpi, dopo aver sfrantichiato i cabasisi a tutti quelli che facevano politica con lui in (più) giovane età in nome dell’unità del partito a chi manifestava dubbi o ne fuoriusciva (roba da “tutto è nel partito, nulla vi è al di fuori del partito”), supporter prima di Napolitano e poi di Renzi, ex consigliere comunale ed ex Presidente del Consiglio comunale (incarico che equivale ad una carica assessorile), spalla di Enrico Campedelli nel suo mandato da consigliere regionale, dopo l’ultima sconfitta alle primarie si ricongiunge ora (da “non iscritto”) con il suo ex leader (Renzi) in Italia Viva (che, come nelle elezioni regionali precedenti, si mimetizza nella lista che porta il nome del candidato presidente, avendo vergogna di presentarsi con simbolo proprio).
Con tutto il rispetto per Giovanni, che suppongo lo sappia
benissimo, le sue probabilità di elezione sono scarsissime: la lista De Pascale
ha molto meno appeal della fu lista Bonaccini, Italia Viva è ridotta al
lumicino in provincia e, anche qua, ci sono pesci più grossi di lui in lista.
Può contare su buone relazioni con l’assessore renziano alla cultura Mauro
Felicori (uno che per tutta l’ultima legislatura ha mantenuto il doppio
incarico di assessore e consigliere per non far salire in consiglio quella dopo
di lui in lista, sgradita ai renziani, per dire il livello di etica politica),
magari potrà essere ripescato in qualche ruolo.
Ammetto di conoscere poco il mondo renziano (fortunatamente) ma mi pare
improbabile che anche così Taurasi abbia le spalle sufficientemente larghe e
gli appoggi giusti (l’unica cosa che gli è sempre mancata nella sua vita
politica, per un motivo o per un altro, il chè è un merito) per salire in
giunta.
La caratura morale di chi telefonava ad esponenti della Lega per sputtanare il proprio Sindaco del PD quando ne era Vice è quella giusta per garantirsi un futuro politico in Italia (intendiamoci: non era reato ed è stato assolto, ma non è che non avesse commesso il fatto, come testimoniano chilometri di registrazioni telefoniche).
Avendo trovato i posti occupati in Italia Viva al momento
del suo ritorno dopo lo “scandalo” Bellelli, lui che era orgogliosamente super
renziano quando era assessore alle feste nella giunta PD, ha optato per il
partito dell’amico-nemico Calenda.
Se nel mondo esistesse una logica, dovrebbero ulteriormente dimezzare i pochi voti
già ottenuti alle europee, in ogni caso finalmente conteremo le preferenze di
Morelli, che fuori da Carpi non si è mai filato nessuno, e scopriremo di quante
“divisioni” dispone, dato che alle ultime amministrative, dopo aver già
pubblicato manifesti con il suo bel faccione a avendo promesso e spergiurato
imperituro impegno per la sua città, alla fine non si candidò.
Diciamo che, se non altro, garantisce sempre notevoli dosi
di folklore alla cronaca politica carpigiana. Speriamo insista anche alle
prossime elezioni dopo le regionali, per qualsiasi posto siano.
È sempre bello vedere chi si candida come “civico né di destra né di sinistra” alle comunali (Carpi Futura) scegliere alla fine uno schieramento (e guarda caso è quello di destra, che sorpresa!).
La lista della Ugolini è una lista sostanzialmente per il voto di suoi amici e parenti.
Comunione e Liberazione e la
Compagnia delle Opere dovrebbero garantire qualche ulteriore apporto, magari un
candidato a livello regionale oltre alla Ugolini lo eleggono, ma è altamente
improbabile che la candidata carpigiana possano aspirare ad un posto,
nonostante Colli abbia dimostrato di riuscire a raccogliere un buon numero di
preferenze a livello comunale.
La giusta parabola per chi nasce come movimento “antisistema” e finisce con l’allearsi alla coalizione che più sistema non si può.
Il M5S delle origini aveva molti difetti, a livello locale e regionale molte
personalità “eccentriche”, ma anche un sacco di gente veramente appassionata e
con voglia di cambiare i giochi della politica partendo dalla gestione concreta
di territorio e servizi pubblici locali.
Che potesse fare una brutta fine era una possibilità, adesso è diventata una certezza
molto al di là dell’ipotizzabile.
L’ultima esponente carpigiana, Monica Medici, pur con tutti i suoi limiti e
difetti, alle amministrative si è dovuta candidare fuori dal M5S, per coerenza.
Da lì il vuoto.
Forse verrà a fare campagna elettorale a Carpi il fu senatore Lanzi.
Lui che in origine faceva stornelli e mandava “ad annusare meloni” gli elettori
del PD, ora è il più rigido portatore di disciplina in un movimento che una
volta esaltava l’autoformazione e la partecipazione dei singoli.
Praticamente una deriva stalinista che ha già dimezzato i
voti del M5S tra europee e amministrative dove si schierava con il PD (e si
votava nello stesso giorno!) e che probabilmente li dimezzerà ancora.
Da notare: tre dei candidati in liste NON PD sono ex del PD, con ruoli di governo e storie politiche pluriennali.
Ognuno ne tragga le conclusioni che crede sul tasso di “alternativa” che
rappresentano.
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