Ieri sera ennesimo show lessicale del PD carpigiano in consiglio comunale.
Dopo aver bocciato l'odg presentato da Carpi 5 Stelle e Rifondazione per porre il servizio idrico fuori dalla grinfie del mercato (che per inciso era quello approvato da circa 200 (duecento!) amministrazioni comunali in giro per l'Italia, perlopiù a guida PD), il PD carpigiano ha pensato di approvarne non uno ma addirittura due suoi sullo stesso tema.
Dove stava l'escamotage? Semplice, mentre il nostro odg (come quelli del resto d'Italia!) dichiarava il "servizio idrico come servizio privo di rilevanza economica", quello del PD dichiarava l'acqua come "bene privo di rilevanza economica.
La differenza parrebbe un po' da legulei, ma non è colpa nostra se in Italia per cercare di difendere un diritto (quello all'acqua) bisogna ricorrere a simili sottigliezze.
Il punto è che la legge modificata dal decreto Ronchi a settembre, prevede che tutti i servizi a rilevanza economica dei comuni diventino mercato per le imprese private, obbligando i comuni a disfarsi delle azioni delle ex municipalizzate e a rinunciare alle gestioni fatte con aziende di diritto pubblico.
Un assurdo in termini basato sull'ideologia che non possa esistere un settore pubblico efficiente e che solo il mercato ci salverà e che peraltro ammazza l'autonomia degli enti locali ai quali viene tolta la possibilità di scegliere come gestire i servizi per i propri cittadini. (alla faccia del federalismo).
Inserire quindi il servizio idrico come servizio privo di rilevanza economica, ha significato per molti comuni chiarire che quel servizio per loro non può rispondere alle sole logiche del mercato ma deve garantire un diritto: l'accesso all'acqua.
Quella formulazione era ed è l'unica possibile per mettersi al riparo dal decreto Ronchi, e migliaia di consiglieri comunali del PD nel resto d'Italia questa cosa l'hanno capita ed assunta.
Il PD di Carpi, che evidentemente deve essere dotato di capacità cognitive che sfuggono al resto del PD italiano, ha invece stabilito che il servizio si può lasciare al mercato e il solo "bene" acqua deve essere difeso.
In pratica, l'acqua è un diritto, ma non è un diritto averla nelle case pagando solo il dovuto per la sua gestione e per gli investimenti necessari per la rete.
Come a dire, l'acqua è un diritto se vi armate di secchi e l'andate a prendere alla fonte (o magari saranno buoni e ci concederanno l'accesso anche all'acquedotto), mentre il riceverla a casa è un servizio sul quale è giusto che un'azienda possa ottenere i propri profitti, oltre ai costi di gestione e investimento.
Insomma, tante parole per affermare una cosa chiara: il PD di Carpi, nella lotta che su questo decreto ha visto schierati da un lato il Governo, la Confindustria e le multinazionali del settore e dall'altro centinaia di migliaia di cittadini che con 400.000 firme, un anno fa hanno dato vita ad una proposta di legge di iniziativa popolare per l'acqua pubblica, ha scelto i primi e abbandonato i secondi e insieme a loro ha abbandonato tutti i cittadini che tra due anni si ritroveranno a dover pagare le bollette salate dell'acqua a qualche multinazionale (come a Latina, Arezzo, mezza Campania e mezza Sicilia) per aver accesso ad un diritto
Il punto è proprio questo: CULTURALMENTE il PD di Carpi non è in grado di accettare che la gestione di un diritto sia sottratto alle logiche di mercato, nonostante le parole sembrino dire qualcosa di diverso, il PD di Carpi ha sancito che l'acqua è una merce come tutte le altre e non un elemento essenziale per la vita..
E l'IDV? Mentre a livello nazionale si prepara a raccogliere le firme su un referendum abrogativo del decreto, a Carpi risultano... non pervenuti.
Ai cittadini (compresi gli elettori del peggior PD del centro nord) noi invece rinnoviamo l'appuntamento per il 24 e 25 aprile, quando comincerà la raccolta di firme per i referendum nazionali per abolire questa ennesima legge porcata di Berlusconi, perché a noi, i diritti, piace provare ad affermarli nei fatti e non solo a parole.
Dopo aver bocciato l'odg presentato da Carpi 5 Stelle e Rifondazione per porre il servizio idrico fuori dalla grinfie del mercato (che per inciso era quello approvato da circa 200 (duecento!) amministrazioni comunali in giro per l'Italia, perlopiù a guida PD), il PD carpigiano ha pensato di approvarne non uno ma addirittura due suoi sullo stesso tema.
Dove stava l'escamotage? Semplice, mentre il nostro odg (come quelli del resto d'Italia!) dichiarava il "servizio idrico come servizio privo di rilevanza economica", quello del PD dichiarava l'acqua come "bene privo di rilevanza economica.
La differenza parrebbe un po' da legulei, ma non è colpa nostra se in Italia per cercare di difendere un diritto (quello all'acqua) bisogna ricorrere a simili sottigliezze.
Il punto è che la legge modificata dal decreto Ronchi a settembre, prevede che tutti i servizi a rilevanza economica dei comuni diventino mercato per le imprese private, obbligando i comuni a disfarsi delle azioni delle ex municipalizzate e a rinunciare alle gestioni fatte con aziende di diritto pubblico.
Un assurdo in termini basato sull'ideologia che non possa esistere un settore pubblico efficiente e che solo il mercato ci salverà e che peraltro ammazza l'autonomia degli enti locali ai quali viene tolta la possibilità di scegliere come gestire i servizi per i propri cittadini. (alla faccia del federalismo).
Inserire quindi il servizio idrico come servizio privo di rilevanza economica, ha significato per molti comuni chiarire che quel servizio per loro non può rispondere alle sole logiche del mercato ma deve garantire un diritto: l'accesso all'acqua.
Quella formulazione era ed è l'unica possibile per mettersi al riparo dal decreto Ronchi, e migliaia di consiglieri comunali del PD nel resto d'Italia questa cosa l'hanno capita ed assunta.
Il PD di Carpi, che evidentemente deve essere dotato di capacità cognitive che sfuggono al resto del PD italiano, ha invece stabilito che il servizio si può lasciare al mercato e il solo "bene" acqua deve essere difeso.
In pratica, l'acqua è un diritto, ma non è un diritto averla nelle case pagando solo il dovuto per la sua gestione e per gli investimenti necessari per la rete.
Come a dire, l'acqua è un diritto se vi armate di secchi e l'andate a prendere alla fonte (o magari saranno buoni e ci concederanno l'accesso anche all'acquedotto), mentre il riceverla a casa è un servizio sul quale è giusto che un'azienda possa ottenere i propri profitti, oltre ai costi di gestione e investimento.
Insomma, tante parole per affermare una cosa chiara: il PD di Carpi, nella lotta che su questo decreto ha visto schierati da un lato il Governo, la Confindustria e le multinazionali del settore e dall'altro centinaia di migliaia di cittadini che con 400.000 firme, un anno fa hanno dato vita ad una proposta di legge di iniziativa popolare per l'acqua pubblica, ha scelto i primi e abbandonato i secondi e insieme a loro ha abbandonato tutti i cittadini che tra due anni si ritroveranno a dover pagare le bollette salate dell'acqua a qualche multinazionale (come a Latina, Arezzo, mezza Campania e mezza Sicilia) per aver accesso ad un diritto
Il punto è proprio questo: CULTURALMENTE il PD di Carpi non è in grado di accettare che la gestione di un diritto sia sottratto alle logiche di mercato, nonostante le parole sembrino dire qualcosa di diverso, il PD di Carpi ha sancito che l'acqua è una merce come tutte le altre e non un elemento essenziale per la vita..
E l'IDV? Mentre a livello nazionale si prepara a raccogliere le firme su un referendum abrogativo del decreto, a Carpi risultano... non pervenuti.
Ai cittadini (compresi gli elettori del peggior PD del centro nord) noi invece rinnoviamo l'appuntamento per il 24 e 25 aprile, quando comincerà la raccolta di firme per i referendum nazionali per abolire questa ennesima legge porcata di Berlusconi, perché a noi, i diritti, piace provare ad affermarli nei fatti e non solo a parole.
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