Il titolo è quello di un articolo comparso oggi sul Manifesto (lo troverete domani on line sul loro sito, ma compratelo in edicola ogni tanto, ne vale la pena e contribuirete a non far sparire una delle poche voci libere del nostro sistema di informazione).
Differentemente da quanto si potrebbe pensare, l’articolo non è stato scritto da un militate del Partito Comunista dei Lavoratori o da un epigono del teorema PDL=PdmenoL di Grillo.
Più semplicemente è firmato da due senatori del PD (Della Seta e Ferrante) che fra le altre cose dicono “c’è un po’ di gente fra i democratici convinta che per essere competitivi, o anche semplicemente riconoscibili, bisognerebbe che ci mostrassimo radicalmente alternativi alla destra sui programmi e sui valori. Bisognerebbe che se di fronte agli ultimatum di Marchionne i liberisti d’antan e quelli di ritorno ripetono “è la globalizzazione bellezza”, noi non ci accodassimo. Che prima di considerare Casini più riformista ed elettoralmente più appetibile di Vendola, almeno se ne discuta. Che non ci si sdraiasse sul quadro di regole e procedure che attualmente governano le nostre missioni militari all’estero a cominciare dall’Afghanistan”.
Più modestamente, ricordo che nel ’93 (più o meno, vado a memoria, magari, se il suo direttore Magnanini legge queste righe ed è interessato riesce a tirare fuori l’articolo dagli archivi) il settimanale di Carpi VOCE, nel corso di una sua serie di articoli dedicati a scandagliare “la pancia” dell’allora PDS carpigiano, intervistò anche due giovini di belle speranze (Fabio Garagnani e il sottoscritto) e il tiolo che ne uscì suonava più o meno con un “Differenziatevi dagli altri”.
In altri termini è già da un po’ che a me pare che il principale partito allora di sinistra, oggi di centosinistra (ammesso e non concesso che questa definizione abbia ancora un senso), aveva smesso di costruire una visione alternativa al dominio liberista e del preteso razionalismo dell’”homo economicus” su ogni aspetto della vita di questo pianeta.
Poco dopo mi convinsi che questa mancanza di visione era totale e definitiva e rendeva il partito irriformabile, feci le mie valigie e me ne andai.
Quindi che dire? In bocca al lupo a Dalla Seta e Ferrante se credono che il PD di oggi possa rincominciare a percorrere strade che non ebbe il coraggio di affrontare manco prima sui temi del lavoro, dell’ecologia e della politica estera. Io a riguardo nutro ancora forti dubbi e aspetto di capire, a livello nazionale, quale forza politica potrà presentare un insieme di valori e un programma coerente su questi punti e, soprattutto, sia disposta a mantenere la stessa rotta sia che si trovi al governo che all’opposizione (non come l’IDV di oggi, che al governo mandava i nostri soldati ad uccidere e morire in Afghanistan ed oggi si erge a paladino della pace, tanto per fare un esempio).
Differentemente da quanto si potrebbe pensare, l’articolo non è stato scritto da un militate del Partito Comunista dei Lavoratori o da un epigono del teorema PDL=PdmenoL di Grillo.
Più semplicemente è firmato da due senatori del PD (Della Seta e Ferrante) che fra le altre cose dicono “c’è un po’ di gente fra i democratici convinta che per essere competitivi, o anche semplicemente riconoscibili, bisognerebbe che ci mostrassimo radicalmente alternativi alla destra sui programmi e sui valori. Bisognerebbe che se di fronte agli ultimatum di Marchionne i liberisti d’antan e quelli di ritorno ripetono “è la globalizzazione bellezza”, noi non ci accodassimo. Che prima di considerare Casini più riformista ed elettoralmente più appetibile di Vendola, almeno se ne discuta. Che non ci si sdraiasse sul quadro di regole e procedure che attualmente governano le nostre missioni militari all’estero a cominciare dall’Afghanistan”.
Più modestamente, ricordo che nel ’93 (più o meno, vado a memoria, magari, se il suo direttore Magnanini legge queste righe ed è interessato riesce a tirare fuori l’articolo dagli archivi) il settimanale di Carpi VOCE, nel corso di una sua serie di articoli dedicati a scandagliare “la pancia” dell’allora PDS carpigiano, intervistò anche due giovini di belle speranze (Fabio Garagnani e il sottoscritto) e il tiolo che ne uscì suonava più o meno con un “Differenziatevi dagli altri”.
In altri termini è già da un po’ che a me pare che il principale partito allora di sinistra, oggi di centosinistra (ammesso e non concesso che questa definizione abbia ancora un senso), aveva smesso di costruire una visione alternativa al dominio liberista e del preteso razionalismo dell’”homo economicus” su ogni aspetto della vita di questo pianeta.
Poco dopo mi convinsi che questa mancanza di visione era totale e definitiva e rendeva il partito irriformabile, feci le mie valigie e me ne andai.
Quindi che dire? In bocca al lupo a Dalla Seta e Ferrante se credono che il PD di oggi possa rincominciare a percorrere strade che non ebbe il coraggio di affrontare manco prima sui temi del lavoro, dell’ecologia e della politica estera. Io a riguardo nutro ancora forti dubbi e aspetto di capire, a livello nazionale, quale forza politica potrà presentare un insieme di valori e un programma coerente su questi punti e, soprattutto, sia disposta a mantenere la stessa rotta sia che si trovi al governo che all’opposizione (non come l’IDV di oggi, che al governo mandava i nostri soldati ad uccidere e morire in Afghanistan ed oggi si erge a paladino della pace, tanto per fare un esempio).
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