Dopo 58 anni, gli elettori del Baden-Wuerttemberg, decidono di mettere alla porta la CDU.
I politologi nella valutazione del risutlato tedesco inseriscono parecchie considerazioni (dalla tragedia nucleare giapponese alla Libia) per giustificare la sconfitta di una coalizione di governo, proprio nel momento in cui l'economia "tira".
Un chiaro esempio di come, forse e almenno per una volta, gli elettori abbiano voluto riprendersi un potere di di decisione staccando la politica dalla sola sfera economica.
E nel momento in cui questo avviene non sono gli eterni (semi)rivali della CDU a portare a casa il risultato, ovvero i socialdemocratic, che dai tempi di Schröder sono poco più di un partitone liberale, ma quell'eterogenea coalizione di ecologisti che sono i Grünen tedeschi.
Una storia che forse dovrebbe dare qualcosa da pensare anche da noi, con un PD che ha di molto calato le brache, come e più della SPD alle logiche del mercato (compresi i flirt con l'industria nucleare quando sono al governo, per diventare convinti antinuclearisti quando sono all'opposizione), l'elettore che cerca una vera alternativa alla destra, di questi tempi, ritiene più credibile le forze ecologiste (in assenza di eventi drammatici, è comunque una linea di tendenza che a mio parere si sta affermando anche in Francia, da un paio di elezioni in qua).
Anche i Verdi d'oltralpe, come quelli tedeschi, hanno i loro alti e bassi, ma nei limiti entro i quali riescono a salvaguardare un minimo di politica "dal basso" e mantenere dritta la barra su modelli alternativi di produzione e consumo, nel tempo riescono a consolidare i loro consensi e a diventare determinanti per formare maggioranze, "obbligate" a cambiare qualcosa, pena il rischio di scomparsa elettorale, come era successo in Francia e Germani alla fine degli anni '90 e i primi anni 2000, dopo che nelle esperienze di alleanze rosso-verdi (e in qualche caso più recente in Germania addirittura nero-verdi, cosa che è per fortuna durata pochissimo) i compromessi erano stati troppo al ribasso e le pratiche partecipative messe in secondo piano rispetto a quelle "spartitorie", nella gestione del potere e degli incarichi.
In Italia avvene una cosa simile, con alcune aggravanti: in generale un ceto politico un filino più corrotto, un movimento ecologista dove la cialtroneria alla Pecoraro Scanio fece più danni del vaiolo, unita al fatto che, salvo rare e locali eccezioni, il nostro erede di quello che era a tutti gli effetti un partitone socialdemocratico, programmaticamente si è ridotto a poco più di una corrente dorotea di antica memoria andreottiana.
E così, mentre in Germania si può cominciare a sperare (salvo i verdi non gettino all'ortiche questa occasione) in un cambiamento reale, e non in un semplice avvicendamento di gruppi di potere, ugualmente neoliberisti e stolidamente "sviluppisti", in Italia c'è ancora da lavorare, per avere un soggetto in grado al tempo stesso di sconfiggere il berlusconismo imperante e di imporre sostanziali cambiamenti alla nostra pallida opposizione (che ne trarrebbe anche lei un gran giovamento).
Dal basso e dagli enti locali parte il Movimento 5 Stelle, che è un buon inizio, ma c'è ancora molto da fare (e molti errori e ostacoli da evitare).
Altre possibilità, per cambiare le cose, io non ne vedo.
I politologi nella valutazione del risutlato tedesco inseriscono parecchie considerazioni (dalla tragedia nucleare giapponese alla Libia) per giustificare la sconfitta di una coalizione di governo, proprio nel momento in cui l'economia "tira".
Un chiaro esempio di come, forse e almenno per una volta, gli elettori abbiano voluto riprendersi un potere di di decisione staccando la politica dalla sola sfera economica.
E nel momento in cui questo avviene non sono gli eterni (semi)rivali della CDU a portare a casa il risultato, ovvero i socialdemocratic, che dai tempi di Schröder sono poco più di un partitone liberale, ma quell'eterogenea coalizione di ecologisti che sono i Grünen tedeschi.
Una storia che forse dovrebbe dare qualcosa da pensare anche da noi, con un PD che ha di molto calato le brache, come e più della SPD alle logiche del mercato (compresi i flirt con l'industria nucleare quando sono al governo, per diventare convinti antinuclearisti quando sono all'opposizione), l'elettore che cerca una vera alternativa alla destra, di questi tempi, ritiene più credibile le forze ecologiste (in assenza di eventi drammatici, è comunque una linea di tendenza che a mio parere si sta affermando anche in Francia, da un paio di elezioni in qua).
Anche i Verdi d'oltralpe, come quelli tedeschi, hanno i loro alti e bassi, ma nei limiti entro i quali riescono a salvaguardare un minimo di politica "dal basso" e mantenere dritta la barra su modelli alternativi di produzione e consumo, nel tempo riescono a consolidare i loro consensi e a diventare determinanti per formare maggioranze, "obbligate" a cambiare qualcosa, pena il rischio di scomparsa elettorale, come era successo in Francia e Germani alla fine degli anni '90 e i primi anni 2000, dopo che nelle esperienze di alleanze rosso-verdi (e in qualche caso più recente in Germania addirittura nero-verdi, cosa che è per fortuna durata pochissimo) i compromessi erano stati troppo al ribasso e le pratiche partecipative messe in secondo piano rispetto a quelle "spartitorie", nella gestione del potere e degli incarichi.
In Italia avvene una cosa simile, con alcune aggravanti: in generale un ceto politico un filino più corrotto, un movimento ecologista dove la cialtroneria alla Pecoraro Scanio fece più danni del vaiolo, unita al fatto che, salvo rare e locali eccezioni, il nostro erede di quello che era a tutti gli effetti un partitone socialdemocratico, programmaticamente si è ridotto a poco più di una corrente dorotea di antica memoria andreottiana.
E così, mentre in Germania si può cominciare a sperare (salvo i verdi non gettino all'ortiche questa occasione) in un cambiamento reale, e non in un semplice avvicendamento di gruppi di potere, ugualmente neoliberisti e stolidamente "sviluppisti", in Italia c'è ancora da lavorare, per avere un soggetto in grado al tempo stesso di sconfiggere il berlusconismo imperante e di imporre sostanziali cambiamenti alla nostra pallida opposizione (che ne trarrebbe anche lei un gran giovamento).
Dal basso e dagli enti locali parte il Movimento 5 Stelle, che è un buon inizio, ma c'è ancora molto da fare (e molti errori e ostacoli da evitare).
Altre possibilità, per cambiare le cose, io non ne vedo.
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