Un piano per i rifiuti alternativo a quello della Provincia

Sabato 29, alle 10.30, alla Sala degli Ulivi di via Ciro Menotti, conferenza stampa delle organizzazioni firmatarie di un documento per un piano alternativo della gestione rifiuti.
Liste Civiche, gruppi consiliari, associazioni, movimenti e partiti che non sono rappresentanti nel consiglio provinciale, ma che rappresentano migliaia di cittadini modenesi, vogliono sottolineare con questa iniziativa la pochezza del Piano Provinciale Gestione Rifiuti, asservito alla logica dell’incenerimento, dannoso per la salute e l’ambiente e costoso per le tasche di tutti.
6 pagine di controproposta, per un piano che ci porti all’avanguardia nella gestione dei rifiuti, dimezzando i costi di smaltimento, attraverso la diffusione delle migliori esperienze di riduzione, raccolta differenziata e recupero di materiali, lasciando allo smaltimento solo una frazione minima dei rifiuti prodotti, come vogliono le normative europee e nazionali, che il piano provinciale volutamente ignora, per non intaccare gli interessi di chi gestisce l’inceneritore di Modena.
E’ una proposta nata da un lavoro collettivo e condiviso, che chiede ai consiglieri e alla giunta provinciale, di ribaltare l’intera impostazione del piano, alla luce di esperienze già avviate in tanti territori e quindi realizzabili.

I soggetti che firmano il documento sono:
Gruppi consiliari e liste civiche:
Coordinamento Liste dei Cittadini Provincia di Modena e Bologna
Gruppo Consiliare Bomporto 5 Stelle
Gruppo Consiliare Carpi 5 Stelle – Rifondazione Comunista

Associazioni:
Comitato Salute e Ambiente Modena
WWF provincia di Modena

Partiti e Movimenti:
Movimento 5 Stelle della Provincia di Modena
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione Provinciale di Modena


Piano Provinciale Gestione Rifiuti

....... e se applicassimo una strategia “Rifiuti Zero”?


Questo documento è il frutto di una valutazione comune di liste civiche, gruppi, associazioni e movimenti politici che a livello locale e provinciale da anni si impegnano per indicare una strada diversa nel sistema di gestione dei rifiuti nella nostra Provincia, per come si è configurato fino ad oggi e per come viene delineato nei suoi sviluppi con il nuovo Piano Provinciale Gestione Rifiuti in fase di approvazione da parte dell’Amministrazione Provinciale.

Esistono vie alternative di pensare la gestione dei rifiuti, riducendo i rischi per la nostra salute, gli impatti per l’ambiente e anche i costi del sistema.

In questo documento ne sintetizziamo alcune per mandare un chiaro messaggio da parte di soggetti che non hanno voce nel Consiglio Provinciale, ma che in realtà rappresentano e mobilitano migliaia di cittadini in tanti Comuni e nella Provincia di Modena nel suo insieme, e dei quali riteniamo che l’Amministrazione Provinciale debba tener conto.

Il primo commento relativo al P.P.G.R. è che è un Piano francamente poco ambizioso, più volto a tutelare lo “status quo” del mercato del rifiuto urbano in Provincia, che non a prefiggersi reali obiettivi di miglioramento.

Le ragioni di questo giudizio (e del perché l’Amministrazione Provinciale abbia partorito un topolino di così modeste dimensioni), le trovate in conclusione di questo documento.

Vogliamo invece fornire elementi per una proposta alternativa, che chiameremo “Piano Ottimale”, assumendo che un “piano rifiuti” che si voglia definire tale, dovrebbe avere come linee guida, la ricerca di modalità di gestione:

-         ambientalmente sostenibili;
-         convenienti;
-         tecnicamente realizzabili.

Proviamo a ragionare quindi su qualche numero e qualche dato di fatto.

I dati che seguono sono tratti dalla documentazione preliminare, pubblicata dalla Provincia, costituente il P.P.G.R..

Con qualche arrotondamento, ad esempio non abbiamo tenuto conto che con l’attuale metodo di raccolta differenziata con cassonetto stradale, vi è una quota del 10÷15 % della raccolta differenziata, che in realtà torna in discarica o inceneritore (anche a causa della bassa qualità della differenziata fatta con cassonetti stradali).

Nel prospetto che segue abbiamo inserito le cifre di quello che dovrebbe essere un “Piano Ottimale”, sfruttando le migliori pratiche esistenti, in Provincia e fuori, nella gestione dei rifiuti.

Tab. 1) Quantità rifiuti prodotti e smaltimento (tonnellate/anno, dati riferiti all’intera Provincia)

Totale rifiuti prodotti
Differenziata
Inceneritore
Discarica (urbano e sovvalli)
Impianto di selezione
Anno 2009
453.030
230.546
109.791
108.507
4.186
Piano ottimale
339.772
23.052
4.531
86.075
La voci “inceneritore” e “discarica” nel “Piano Ottimale” sono interscambiabili, fatto salvo che l’uso dell’inceneritore comporterà comunque anche il conferimento in discariche speciali di rifiuti altamente tossici, risultato del processo di incenerimento.

Tab. 2) Costi per lo smaltimento (euro)

Inceneritore
Discarica (urbano e sovvalli)
Impianti di selezione (ed estrusione meccanica per il piano ottimale)
Totale
Anno 2009
11.812.414
11.420.362
471.260
23.704.035
Piano ottimale
2.480.165
510.100
9.690.324
12.680.588

Le cifre sono basate sui costi di smaltimento a tonnellata approvati con la delibera del 12/04/2010 dall’Assemblea dell’Autorità di Ambito Provinciale di Modena.

Come costo di conferimento in discarica abbiamo assunto quello AIMAG, come costo per gli impianti di selezione, nel caso del “Piano Ottimale” abbiamo indicato il più alto di quelli forniti dal Centro Riciclo di Vedelago (TV).

Quello che comunque conta è che i costi per lo smaltimento, insieme con quelli per la raccolta, finiscono direttamente nelle bollette pagate dai cittadini.

Con questo “Piano Ottimale” si ridurrebbe del 47% la spesa per lo smaltimento, riduzione che potrebbe determinare un pari risparmio per tutti i cittadini.

Quindi il “Piano Ottimale” conviene. Ma è realizzabile?

Riteniamo sia questo il punto vero da discutere.

Se siamo tutti d’accordo che vogliamo risparmiare, tutelare la nostra salute e ridurre i nostri impatti sull’ambiente, crediamo che nessuno avrebbe nulla da ridire sull’adottare una strategia di questo tipo, fatto salvo la sua realizzabilità dal punto di vista tecnico e gestionale.

Scorporiamo il Piano nei suoi presupposti essenziali e cerchiamo di capire se il “Piano Ottimale” presenta problemi impossibili da risolvere o meno.

A) RIDUZIONE


Nel Piano Provinciale è previsto un aumento nella produzione totale di rifiuti, dovuta ad incremento demografico e ad un ipotizzato incremento procapite dell’1% nella produzione di rifiuti da qui al 2019 arrivando fino a 720 kg/abitante, in contrasto con gli obiettivi di riduzione del rifiuto.

Secondo i dati della Provincia, nel 2019 saremo CONDANNATI a dover smaltire 538.000 tonnellate di rifiuti urbani, mentre nel 2010 ne abbiamo smaltiti 464.117 tonnellate (in lieve aumento sul 2009, in calo sul 2008).

Qui si rileva il primo controsenso del Piano Provinciale: se siamo tutti d’accordo che perseguire politiche di riduzione dei rifiuti è un obiettivo virtuoso, se pensiamo che investiremo risorse e sperimenteremo qualcosa su questo punto, com’è possibile essere così pessimisti sul loro esito?.

La risposta più semplice è che in realtà non ci sono piani concreti di riduzione dei rifiuti, ma qui possiamo dare un primo dato: è dimostrato storicamente che in tutti i territori dove è alto il livello di comunicazione e organizzazione necessari per implementare il sistema di raccolta “porta a porta”, questo ha come effetto “collaterale” la riduzione dei rifiuti procapite delle aree servite con questo servizio.

Non si tratta come qualche facilone tiene subito a precisare, di fenomeni di “migrazione” dei rifiuti portati dai cittadini dai quartieri o comuni serviti dal “porta a porta” alle zone non servite, che è statisticamente irrilevante (oltre che ridicolo, pensare che tutti i modenesi trasformino le loro macchine in camion della spazzatura pur di evitare quel minimo cambiamento delle proprie abitudini che è differenziare i rifiuti).

Evidentemente la raccolta “porta a porta” consente una netta separazione di quelli che sono effettivamente rifiuti solidi domestici dalle notevoli quantità di rifiuti prodotti da attività produttive e commerciali e che sono considerati rifiuti assimilati.

L’Assessore all’Ambiente del Comune di Carpi, ci ha quantificato questa diminuzione dai 662 kg procapite della media annuale in Provincia di Modena, ai 369 kg procapite dei quartieri serviti dal “porta a porta”, quindi con una riduzione del 44%.

Quindi, primo punto, un “porta a porta” ben organizzato e allargato a tutto il territorio provinciale, porterebbe di per sé ad una chiara separazione dei rifiuti urbani da quelli assimilati ed altre forme di rifiuto che oggi finiscono nei cassonetti stradali, il cui costo oggi viene spalmato tutto sulle spalle delle utenze domestiche.

A questo atto di chiarezza relativo alla produzione di rifiuti domestici, andrebbero poi affiancate le vere e proprie iniziative per la riduzione della produzione di rifiuti a monte che tanti territori stanno già sperimentando (dall’eliminazione delle bottiglie di plastica nelle mense pubbliche, alle sporte monouso per la spesa, ai pannolini lavabili o completamente biodegradabili in materbì, detersivi alla spina, ecc. ecc.).

Se poi a queste si associassero iniziative più legate alla volontà del legislatore nazionale per limitare gli imballaggi, favorire i prodotti interamente riciclabili, la ricerca e l’innovazione sui cicli di vita dei prodotti ecc., i risultati porterebbero ad una riduzione ancora più netta nella produzione di rifiuti urbani.

Vogliamo essere generosi: un Piano serio dovrebbe, se non preventivare una riduzione, ipotizzare perlomeno una NON CRESCITA rispetto ai livelli del 2009 (e perseguirla!).

La stessa legislazione europea (direttiva quadro 2008/98/CE) impone il mantenimento e il rafforzamento della gerarchia nella gestione del rifiuto basata su cinque livelli da seguire dal punto 1 all'ultimo e possibilmente da evitare il livello 5:

1) prevenzione;
2) preparazione per il riutilizzo;
3) riciclaggio;
4) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
5) smaltimento.

Il Piano Provinciale, di fatto sovverte questa gerarchia prevista dalla normativa europea e fonda la propria centralità sul punto 4) anziché sulle ben diverse modalità che precedono.

B) RACCOLTA


Un approccio laico (e disinteressato) al tema dei rifiuti vorrebbe che ci si ponesse su questo punto le seguenti domande:

-         quali sono le esperienze territoriali di maggior successo in termini di raccolta differenziata?;
-         quali modalità utilizzano per raggiungere questo risultato?.

La risposta è molto semplice: le percentuali di raccolta del 75% ed oltre, si raggiungono solo nelle zone dove viene attuata una corretta raccolta “porta a porta”.

La fanno Comuni microscopici, medi e intere Province (l’intera Provincia di Salerno è al 75% da anni).

Differenziare i rifiuti in modo corretto all’origine significa produrre materiali da recupero di qualità maggiore, riducendo quel 10÷15% di rifiuti differenziati che oggi finiscono comunque in discarica o in inceneritore (nella raccolta differenziata con cassonetti stradali, è sufficiente che un cittadino butti un bidone di spazzatura “sbagliata” per dover gettare via il contenuto di un intero cassonetto o per vederne diminuire il valore sul mercato dei materiali recuperati).

Ovviamente questo richiede anche un impegno da parte delle Amministrazioni e dei gestori nel tenere alto il livello di informazione ed educazione dei cittadini alla gestione dei rifiuti.

Sarebbe inoltre necessario che le Amministrazioni promuovessero tutte le iniziative previste dalla legislazione vigente, nonché quelle classificabili “buone pratiche”, quale il ruolo attivo delle scuole nella raccolta differenziata dei rifiuti che, tra l’altro, potrebbe consentire il conseguimento di significativi vantaggi economici per le scuole stesse.

Il “porta a porta” costa di più?

Sempre l’Assessore Tosi, afferma che i costi per il “porta a porta” sono più elevati di quelli per la raccolta con cassonetto (è con questa scusa che la TIA a Carpi quest’anno è aumentata di oltre il 3%).

Altre fonti (EcoIstituto di Faenza, ricerca di Natale Belosi del 2007 su dati Federambiente, ma anche i dati statistici dei costi del servizio rifiuti raccolti dalla Regione Veneto per gli anni 2008 e 2009) ci dicono che i costi di gestione (euro/abitante anno) del sistema di raccolta differenziata con cassonetto stradale sono più vantaggiosi rispetto al “porta a porta” fino al 40% di raccolta differenziata.

Superata questa soglia diventa economicamente più vantaggioso il “porta a porta”, raggiungendo i costi più bassi se si supera la soglia del 60% di raccolta differenziata.

La raccolta “porta a porta” diventa conveniente ancor prima in funzione della purezza del rifiuto raccolto, che può essere poi ceduto al CONAI o direttamente sul mercato.

Dire tutto questo significa fare del “porta a porta” una questione ideologica?

No, significa evidenziare un dato di fatto non smentibile.

Il vantaggio del “porta a porta” è che, se ci fossero modalità di raccolta più efficaci ed efficienti per la differenziazione dei rifiuti, questi non richiederebbero investimenti tali da non poter cambiare direzione, mentre i “megacompattatori” da raccolta stradale, “costano e sanno fare solo quello”.

C) RIUSO, RICICLO, RECUPERO


Con un costo superiore ai 100 euro/tonnellata per il conferimento in discarica o inceneritore, meno rifiuti smaltisco più risparmio.

Se delle nostre 453.000 tonnellate, ne restano da smaltire solo 112.350 tonnellate (il 25%, appunto), dovrebbero essersi già generate abbondantemente tutte le economie di scala necessarie per gli investimenti in promozione, gestione e controllo del “porta a porta” (anche accettando la dichiarazione dei maggiori costi del “porta a porta” riportati da AIMAG e dall’Assessore Tosi, benché noi si resti convinti del contrario sulla base delle esperienze di altri territori).

Già così, l’inceneritore di Modena risulterebbe sovradimensionato rispetto alle esigenze provinciali di smaltimento di rifiuti urbani, SENZA AVVIARE LA TERZA LINEA.

Ma visto che stiamo ragionando da amministrazione saggia (e disinteressata) proviamo a fare di meglio.

Sono in esercizio da anni, in varie parti d’Italia, impianti cosiddetti di “estrusione meccanica” per i rifiuti rimanenti dalla raccolta differenziata.

Se la differenziata è fatta modo ottimale, il 25% è rappresentato sostanzialmente da un rifiuto prevalentemente secco, costituito da polimateriali accoppiati per i quali non vi è possibilità di differenziazione.

Con tecnologie già oggi disponibili, da tale tipo di rifiuto è possibile ottenere una miscela di polveri prevalentemente plastiche, inerti, che vengono già da anni utilizzate in miscele per prodotti di plastiche riciclate o edilizia, che viene REMUNERATA SUL MERCATO 160 euro/tonnellata (dato ottobre 2010) OVVERO PIU’ DI QUANTO SI SPENDEREBBE PER INCENERIRLA.

Il costo dichiarato dall’azienda privata che gestisce l’impianto di Vedelago, per il conferimento è di 40÷60 euro/tonnellata (a seconda della qualità di questa frazione rimanente, ovvero a seconda che tutte le diverse frazioni, e in modo particolare l’umido, siano già state separate in fase di raccolta).

Il tutto creando un numero circa dieci volte superiore di posti di lavoro nel settore rispetto ad un impianto di incenerimento e stimolando la nascita delle aziende del territorio impegnate nella ricerca e applicazione di nuovi prodotti per questa che a tutti gli effetti è una nuova materia prima.

Mediamente da questo processo di estrusione, resta un 3÷5% di rifiuto non ulteriormente recuperabile e solo questa frazione sarebbe da consegnare allo smaltimento finale (nel nostro caso, nella peggiore delle ipotesi, stiamo parlando di 22.650 tonnellate di rifiuto all’anno).

Ma allora, perché la Provincia ci presenta un piano così misero e fondato sull’incenerimento?


Se tutte queste soluzioni sono già oggi disponibili sul campo, perché invece la Provincia decide di indicare una strada con obiettivi così “modesti”?.

Abbiamo già capito che il nostro portafoglio e la nostra salute non ci guadagnano da questo modello, ma allora chi è che ci guadagna?.

E’ evidente: se non diminuisci, differenzi e recuperi, gli unici che hanno da guadagnarci sono i proprietari degli impianti di smaltimento, discariche o inceneritori che siano, con il vantaggio che quelli che possiedono un inceneritore ci GUADAGNANO DUE VOLTE: dagli incassi per tonnellata smaltita, a quelli in bolletta per i contributi alle energie “assimilate a rinnovabili” (una tipica anomalia italiana).

A beneficiare di un Piano così impostato non sono quindi i cittadini e nemmeno la qualità dell’ambiente ma i guadagni di HERA, i cui utili ritornano ai Comuni solo per la metà mentre l’altra metà và ad investitori privati.

L’unico dibattito accettabile è se le soluzioni già adottate dai territori più virtuosi (Carpi per la raccolta “porta a porta”, altre realtà fuori Regione per tutti gli altri aspetti) siano praticabili o no e se i vantaggi che abbiamo descritto siano reali o meno.

Trovate qualcuno che ci dica che incenerire conviene e fa bene alla salute e siamo pronti al dibattito, ma in caso contrario, l’unico Piano accettabile da un ente locale che lavori in modo saggio e rispettoso delle normative vigenti è quello di ridurre le quantità prodotte e lasciare allo smaltimento finale (discarica o inceneritore) non più del 5% del totale dei rifiuti prodotti.

Queste sarebbero le linee guida di un Piano per la gestione dei rifiuti, e non la semplice accettazione dei “diktat” di chi dalla situazione attuale ha solo da guadagnare.

Per questo chiediamo alle forze politiche presenti in Consiglio Provinciale di rigettare la proposta del P.P.G.R. e partire con un nuovo Piano che metta al centro la salute dei cittadini, la tutela dell’ambiente e la riduzione dei costi.

Hanno sottoscritto questo documento:
Gruppi consiliari e liste civiche:
Coordinamento Liste dei Cittadini Provincia di Modena e Bologna
Gruppo Consiliare Bomporto 5 Stelle
Gruppo Consiliare Carpi 5 Stelle – Rifondazione Comunista

Associazioni:
Comitato Salute e Ambiente Modena
WWF provincia di Modena

Partiti e Movimenti:
Movimento 5 Stelle della Provincia di Modena
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione Provinciale di Modena

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