Quelle che seguono sono alcune personalissime riflessioni dopo aver partecipato all’assemblea al campo autogestito di Fossoli, che ha riunito diverse realtà che stanno gestendo l’emergenza terremoto fuori dai canali ufficiali della protezione civile, nei campi auto organizzati e nel portare assistenza alle famiglie che risiedono nel territorio e che evidentemente non sono raggiunte dagli aiuti “istituzionali”.
Dal “motore” delle Brigate di Solidarietà Attiva agli animatori del comitato Sisma.12 si cominciano a porre, oltre ad un aggiornamento puntuale dei reali bisogni delle popolazioni terremotate, le questioni relative alla ricostruzione, che decisamente non combaciano con molte delle informazioni che ci arrivano oggi dal governo Monti, dal “supercommissario” Errani e da molti degli enti locali coinvolti nell’emergenza.
Tra l’esigenza di dare risposte ai bisogni immediati e l’emergere di idee di come dovrebbero essere le nostre comunità “ricostruite”, l’impressione è che stia partendo un percorso che se sarà veramente partecipativo, non potrà che portare buoni frutti e dovrà per forza trovare interlocutori anche nella politica “istituzionale” (anche perchè se non li trovano, mi sa che saranno comunque capaci di farsi sentire lo stesso...).
Il problema del ritardo nella liquidazione dei Contributi di Auto Sistemazione, quello delle ordinanze di demolizione inviate a cittadini che non possono permettersi lavori sulle proprie abitazioni, la sfiducia rispetto al reale impegno a rendere disponibili le numerose case sfitte per gli sfollati, le assurde “chiusure” degli uffici tecnici di alcuni comuni rispetto alla disponibilità di aiuto di tecnici volontari e dei comuni limitrofi, la richiesta di poter costruire in modo nuovo e non riproporre i modelli urbanistici devastanti applicati fino ad oggi i punti che emergono con chiarezza,
Serve supporto nel coordinamento nelle varie realtà di autogestione dell’emergenza, serve la capacità di presentarsi con richieste unitarie da parte delle comunità terremotate, facilitando la diffusione delle informazioni su quello che c’è di realmente disponibile e su come accedere alle varie forme di finanziamento.
Servirebbero anche sindaci in grado di alzare la voce e farsi sentire più di quanto non è successo finora, rispetto ad un “supercommissario” ed un governo che stanno stanziando meno di quel che si deve (e che si potrebbe, mentre milioni di euro vengono sprecati altrove), ma anche da questo lato, pare che spesso le fedeltà di partito, risultino prevalenti sul far emergere le necessità dei propri territori, e allora vai incensando le promesse di miliardi in arrivo, ma che qua non sono mai arrivati, e pare sospeso, dai partiti della maggioranza di governo come quelli della maggioranza di regione e comuni, anche solo il diritto di critica a come l’emergenza viene gestita (primo punto: perchè solo per il terremoto dell’Emilia, i rimborsi previsti a privati per i danni subiti devono essere dell’80%, quando per altri terremoti non è certo stato così?).
Il mio personalissimo giudizio è che a questo punto, anche i consiglieri comunali delle liste, partiti e movimenti che più di altri hanno chiesto e invocato nuovi strumenti di partecipazione democratica anche prima del terremoto, siano ora uniti sul territorio per seguire e appoggiare le richieste di quei gruppi autoorganizzati che vogliano dire la loro sulla ricostruzione, perchè mi pare evidente che qualunque sia la modalità di confronto che i cittadini e i volontari della bassa terremotata sceglieranno di adottare verso gli enti locali, la protezione civile e il governo, non debbano essere lasciati soli.
Per come la vedo io: punto primo ascoltarli, punto secondo capire dove può servire un nostro intervento nell’ambito “istituzionale” dei nostri piccoli comuni, aldilà delle singole appartenenze e sigle sotto le quali siamo stati eletti e se in questo percorso riusciremo a mobilitare anche le rispettive rappresentanza regionali, per correggere storture e inadempienze, non avremo che da guadagnarne
Ci vediamo alla prossima assemblea.
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