La puntata
di ieri di Report, dedicata ancora una volta a come i partiti si finanziano,
nel caso qualcuno se ne fosse dimenticato mentre si fa finta di discutere di
temi reali nei talk show in tv, fornisce un buon pretesto per parlare di come i
partiti/movimenti che si presentano alle competizioni elettorali dovrebbero
essere (a mio insindacabile giudizio, ovviamente).
La parte
della trasmissione dedicata ai partiti tradizionali, non aggiunge molto di
nuovo a quanto già si sapeva (ma quanto bene fa, ogni tanto riparlarne in prima
serata TV).
Sul ruolo
delle fondazioni “politiche”, mesi fa aveva già fatto un’ottima inchiesta anche
la rivista Altreconomia (certo non tacciabile di appartenere al sistema della
“antipolitica”), che è ancora disponibile in rete qui.
L’inchiesta
di Report ne costituisce sostanzialmente una conferma: tutte le principali formazioni politiche (e
tutti i maggiori esponenti all’interno di esse), pur in presenza di un sistema
di finanziamento pubblico ai partiti multimilionario, hanno creato fondazioni e
think thank che consentono a chi deve fare attività di lobby di farlo in modo
ben riservato, e costituiscono sostanzialmente sedi in cui è possibile, per una
classe dirigente politica che ha fatto della mancanza di trasparenza il suo
principale strumento di affermazione del potere, aggirare anche quel minimo di,
se non democrazia, pubblicità, che impone o imporrebbe il far parte di
organizzazioni democratiche (cosa che per il centrodestra italiano non è mai
stato un problema, lo dovrebbe essere
per il centrosinistra, ma appunto da fenomeni come questo si deduce che
nella pratica non lo è).
La
novità dell’inchiesta trasmessa lunedì sera
riguarda il M5S, che buttatosi nell’agone della competizione elettorale,
piaccia o non piaccia, può ora essere anche lui misurato per la distanza fra
quello che si dice e quello che si fa (o per quello che fa senza dire), unico
metro logico di giudizio, quando si tratta di valutare una forza politica, come
cittadino/elettore o come “partecipante”
se si vuole decidere di spendere un po’ del proprio tempo nella partecipazione attiva in politica.
Dal mio
punto di vista, quello che viene “addebitato” al M5S nel servizio di Report è indiscutibilmente vero:
-
Le scelte fondamentali su come selezionare i
candidati sono state decise e comunicate in brevissimo tempo, senza alcuna
discussione e condivisione delle regole (e in realtà c’erano stati almeno tre
anni di tempo dalla sua nascita per arrivare a questo)
-
Dalla carta di Firenze in poi non c’è stata
alcuna reale discussione programmatica all’interno del movimento e nessuno
strumento per selezionare i punti che fanno parte del programma.
-
Costi e ricavi dell’house organ ufficiale del
movimento (il blog di Beppe grillo) sono assolutamente oscuri.
Preoccupiamoci
prima delle cose facili. Il terzo punto.
L’opacità
dell’operazione politica di Grillo-Casaleggio in termini di costi ricavi è
evidente e secondo me costituisce un problema
per chi entra in politica predicando la trasparenza.
Sulla
rilevanza di questo problema si potrebbe discutere a lungo.
Onestamente,
quanto mai potrà costare un sito?
Mettiamoci
un po’ di lavoro redazionale, qualche ghost writer non meglio identificato,
qualche collaborazione pubblica ed ufficiale ai suoi esordi, video, ecc., ma
alla fine della fiera, quanto vogliamo fare? Un milione di euro all’anno per
gestire un blog mi pare già una cifra
spropositata, pure se è uno fra i dieci blog più letti al mondo.
Se poi
l’operazione è finalizzata alla vendita di spazi pubblicitari e dei prodotti
multimediali di Grillo stesso, tanto meglio per loro, ma stiamo comunque
parlando di un’iniziativa che non incide sulle casse pubbliche e non impone
contenuti in modo surrettizio in media che dovrebbero essere pubblici o ritenuti
indipendenti (uno il blog di Grillo se lo va a cercare e dubito che pensi di
star leggendo qualcosa di neutra e oggettiva informazione super partes )
Insomma, l’incoerenza
rispetto alla trasparenza dell’operazione c’è tutta, si risolverebbe con ben
poco (ovvero con la netta separazione tra ciò che è Movimento e ciò che è
Casaleggio e Associati, o almeno pubblicando il conto economico del blog), ma
operazione privata era e operazione privata resta.
L’uso di miliardi
di euro pubblici negli ultimi trent’anni per un sistema informativo “dopato” e
per il finanziamento a organizzazioni politiche (per non parlare appunto
dell’allegra fauna di fondazioni e think thank, altrettanto oscuri rispetto ai
propri bilanci rispetto al blog di
Grillo, ma tollerate ormai da un paio di decenni), in presenza di un
referendum approvato dal popolo italiano
mi pare cosa ben più grave (il chè non giustifica le contraddizioni interne del
M5S; semplicemente, cerchiamo di renderci conto delle dimensioni degli uni e degli altri).
I primi due
punti invece restano, per quanto mi riguarda,
il problema dei problemi.
Il M5S
nasce, nei proclami pubblici di Grillo, ai quali io decisi di dare fiducia nel
2010, come movimento antileaderistico.
Il suo ruolo
di “megafono” e ”catalizzatore”, doveva
limitarsi a “risvegliare” le coscienze, mobilitare le energie e fornire,
attraverso la sua visibilità, la forza necessaria e sufficiente ad avviare il cambiamento.
E’ evidente
che con la sua presenza, il M5S qualche cambiamento lo ha innestato, ma che questi
siano coerenti con le sue premesse, è tutto un altro paio di maniche.
Si tratta comunque
di un giudizio che avrà bisogno di tempo, per essere intellettualmente onesto,
molte delle potenzialità della presenza del M5S in Parlamento non si sono
ancora dispiegate, e a me pare abbastanza logico: quando si sceglie una “rivoluzione” per via
Parlamentare (cosa che potrebbe suonare cone un ossimoro), i tempi
inevitabilmente si allungano. Il punto è che i primi segnali che arrivano dai gruppi parlamentari M5S sono decisamente
altalenanti, ma diamogli tempo…
Per quanto
riguarda l’organizzazione interna, decisioni grandi e piccole sfuggono alla
logica di confronto e partecipazione (come si diceva, dalla questioni
programmatiche ai meccanismi di gestione delle primarie, fino alla scelta degli
strumenti di partecipazione in rete).
Notevole
libertà e autorganizzazione a livello locale (fin che le cose vanno bene), zero
a livello nazionale (e basterebbe la barzelletta degli incarichi nello staff di
comunicazione dei gruppi parlamentari, per capire quanto la presenza di
Grillo-Casaleggio sia ridicolmente invasiva e anche umiliante dell’autonomia di
persone elette da qualche milione di cittadini).
La cosa è innegabile
e si può risolvere o solo con un atto di fiducia rispetto al capo (o ai capi)
del movimento (ovvero negando in premessa una di quelle che dovevano essere le
radici di questa innovazione, l’antileaderismo, con un grave colpo alla
credibilità di tutta l’operazione)
oppure si può pensare che per quanto i capi “ci provino”, presto o tardi
una macchina delle dimensioni (inaspettate) del M5S, sfugga da meccanismi
stringenti di controllo e arrivi a camminare con gambe proprie (possibilmente
in tempi utili prima del collasso totale del nostro sistema politico).
E allora, a
questo punto, proviamo almeno a chiarirci quali dovrebbero essere le
caratteristiche del “Movimento” (o partito, per quanto mi riguarda è una
disputa puramente nominalistica, nel momento che un’organizzazione politica si
presenta ad una competizione elettorale, in un sistema di democrazia
rappresentativa): i contenuti e l’organizzazione.
Ma per
questo serve un’altra trasferta in treno, nei prossimi giorni…
"Il M5S nasce, nei proclami pubblici di Grillo, hai quali io decisi di dare fiducia nel 2010, come movimento antileaderistico."
RispondiEliminaE con questa riga vanno a farsi benedire sia la lingua italiana che la stima che si poteva nutrire per paluan.
Cordialità
La revisione dei testi in treno è sempre problematica e la noia del rileggere mi frega dai tempi delle elementari. Comunque mo' correggo. (Paluan comunque sarebbe un nome proprio...).
RispondiEliminaCordialità anche a lei.
Oh, l'uso del verbo nascere al presente, invece è voluto, nel caso avesse dubbi (ma tranquillo, so che non ne ha).
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