Piccoli Omicidi in una Serata da Kani



Oh alòra, sarà perché come diceva una vecchia conoscenza spagnola “la vida hace vuelta”, sarà perché tanto qua siamo e da qua non ci muoviamo, e c’è tutto un chè di ineluttabilità emiliana,  ma mi ritrovo anche stasera a parlare di qualcosa capitato in quel di Fabbrico, come già in un paio di altre occasioni qualche mese fa (qui e qui).
Cambia la “location”, come dicono quelli fighi (e già che un posto come Fabbrico possa avere più di una “location” potrebbe stupire), cambia la natura e il contenuto della rassegna, ma alla fine, mi pare non cambi lo spirito.
Dal Teatro del Popolo al Parco della Cascina, dal salotto buono al giardinetto che da sul retro del deposito della Landini, l’atmosfera si adatta alla stagione, ma il senso non cambia: c’è un popolo di giovini e anziani che mette in piedi la baracca per sfornare pizze e mescere birre e lambrusco (lo ammetto, mi aspettavo il gnocco fritto (lo so, si dice “lo gnocco” ma io son di Carpi e “lo gnocco” lo sento dire solo nelle trasmissioni di cucina per signore perbene, in famiglia mai, quindi non rompete i coglioni con la grammatica)), c’è un altro popolo (o sempre un pezzo dello stesso sotto altre spoglie) di più o meno “geniali dilettanti in selvaggia parata”, che sale sul palco e onestamente  prova  a fare quel che sente di fare, e te ti senti a casa.
Una roba che vale una sagra in piccolo o una piccola festa dell’Unità, che essendone a digiuno un po’ mi mancava, gente che ci lavora e ci mette del suo e ci salta fuori la “Serata da Kani III”.
Che potrebbe essere anche la milionesima serata di palco per band più o meno acerbe o più o meno arrembanti, come ne ho viste a miliardi in giro per circoli ARCI e affini, ma alla fine si sta bene, la birra è buona, la pizza pure, gli amici non mancano, i pargoli scorrazzano nel prato, quindi cosa cazzo è che vuoi di più? Gli U2 a Fabbrico?

Poi in realtà, dato che si è messo in moto il tutto in nome della musica, roba da ascoltare ce n’è.
Gruppo clou della serata i Piccoli Omicidi, in formazione basica chitarrabassobatteria, diversamente dal solito, arrangiamenti decisamente più rock dell’ultima volta che li avevo visti in forma quasi acustica/intimistica nel suddetto teatro.
Roba da finire con florilegio di distorsioni e frantumazione di chitarre, come nella più sana iconografia da palcoscenico, senonché stasera avrebbero fatto bene a frantumarla sulla schiena del tecnico del suono, la chitarra,  che, diciamocelo, ci si è messo di impegno per tarpare la bella voce del Bonezzi e ad appiattire in basso un po’ tutti i suoni.
Meno male che i Piccoli, a mio modesto parere, mostrano di avere mestiere e passione quanto basta per sopperire e a me non rimane che godermi la sessione in santa pace (pure troppa: continua a sembrarmi bieco scherzo del destino che non ci siano almeno un par di centinaia di persone ad accalcarsi sotto il palco, lasciato invece libero allo scorrazzamento di pupi oltre all’agio di un pubblico decisamente selezionato di estimatori).

Beh, insomma sia come sia, asciugati gli arrangiamenti (o come cavolo li chiameranno quelli che sanno di musica), per adattarsi alla (per me) inedita formazione a tre, i nostri tirano fuori quattro o cinque pezzi che, a mio personalissimo gusto, mi pare cambino di parecchio il senso della serata.
Fra tutte spunta una versione di “Vedrai Vedrai”, inaspettatamente “rock”  rispetto a quella (ottima) messa su disco, che, francamente, a me, ha toccato parecchio.
Un omaggio a Tenco, a mio modesto parere, che riesce ad essere rispettoso e originale al tempo  stesso, senza perdere un grammo di pathos. Il buon Luigi non si rivolterà nella tomba sentendoli.

Finita la loro esibizione, mentre dal palco arrivano asperità elettropunk, che ci avranno un loro perché ma, scusate, io non ci arrivo, mi giro a raccattare famiglia e amici, e mi arrovello sul come mai, pezzi come Sole+Venredi e Son vivo da poco non siano diventate hit radiofoniche di quest’estate (ma le possiamo salvare pure per la prossima), addebitando il tutto alle tante ingiustizie di questo mondo.

Nel prossimo (mondo), si suppone, chi mostrerà arte e mestiere come i Piccoli per la loro musica, potrà anche camparci dignitosamente sopra, perché pure un paracarro, in un mondo del genere saprebbe che così vanno le cose e così devono andare.
Il problema sarebbe di cosa camperei io in un mondo siffatto, ma questo è tutto un altro paio di maniche.

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