Serve un'alternativa? Qualche numero su cui ragionare

Digressione “elettoralistica”, tanto per provare a disegnare sulla base di qualche numero legato ai meccanismi della legge elettorale per i sindaci e i consigli comunali come il nostro, i possibili scenari futuri alle elezioni amministrative (portate pazienza, ho l'influenza e devo pur far passare la mattinata).
Ovviamente l'interpretazione dei "numeri" è del tutto personale, ma spero serva anche questa come spunto per la discussione, per chi intende partecipare all'incontro del 20 gennaio.

Innanzi tutto va ricordato che a questo “giro” entrerà in vigore la riduzione del numero dei consiglieri comunali decretata dal governo Monti (una riduzione di spesa ridicola, con un danno rilevante agli spazi di democrazia locale), che a Carpi passeranno da 30 a 24, questo sostanzialmente vuol dire che per riuscire a entrare in consiglio comunale, serviranno più voti che in passato, sia in maggioranza che all’opposizione.
Qualche esempio:
Nel 2009 Carpi 5Stelle e Rifondazione riuscirono ad eleggere il loro candidato sindaco solo in virtù della loro alleanza (entrambe le liste si fermarono sotto il 3%, ma riuscirono a far arrivare il loro candidato sindaco al 5,25% con poco più di 2000 voti).
 Con un risultato del genere, quest’anno,  in un consiglio a 24, l’entrata in consiglio comunale sarebbe per il rotto della cuffia, se non a rischio.
Nel consiglio comunale uscente una sola forza fra le 5 che oltre al PD sostenevano Campedelli, è riuscita a “piazzare” un consigliere (Italia dei Valori) con oltre il 4% dei voti di lista (1575 voti), un risultato che oggi non appare alla portata di nessuno dei potenziali alleati del PD e che comunque, con la riduzione del numero dei consiglieri, probabilmente non sarebbe sufficiente.
In ogni caso, il consigliere dell’IDV non è mai stato determinante ai fini della maggioranza dato che il PD, nonostante avesse ottenuto solo il 45% dei suffragi, godeva di 18 consiglieri su 30 essendo PD e IDV le due uniche liste della coalizione di centrosinistra che avevano superato lo sbarramento del 3%  ( dunque il PD ha guadagnato parecchio dall’avere molti alleati “piccoli”, per garantirsi un premio di maggioranza di coalizione, che poi alla fine non ha dovuto  “spartire” con nessuno) e in effetti il risultato è stato la totale ininfluenza della presenza di alleati (fuori e dentro al consiglio comunale) rispetto all’azione del partitone in comune.

Quindi, per quanto riguarda il fronte dell’attuale maggioranza, possiamo tirare le seguenti somme:
  1. 1)      La riduzione del numero dei consiglieri renderà difficile l’elezione di consiglieri non PD
  2. 2)      La presenza di diverse liste a sostegno del candidato PD che non superino la soglia di elezione consentirà al PD di prendersi anche tutti i consiglieri del premio di maggioranza
  3. 3)      Anche che venissero eletti uno o due  consiglieri di forze alleate, il PD avrebbe comunque una maggioranza autosufficiente.
In altri termini, chi ragiona di alleanze, specie al primo turno, con il PD, può senza dubbio aspirare ad avere un posto in giunta (il partitone è sempre generoso con gli alleati), ma si ritroverebbe in una situazione di sostanziale incapacità di influire sull’attività amministrativa e, se non passa neanche un consigliere, anche senza possibilità di iniziativa in consiglio comunale.
In sostanza ci ritroveremmo con un monocolore PD blandamente mascherato dal termine “coalizione”, come avvenuto con la recente giunta, e anzi, il fatto di avere un assessore in giunta senza appoggio in consiglio comunale rischierebbe anche di diventare “deterrente” rispetto a prese di posizione “non allineate”.  

Per quanto riguarda le opposizioni:
Tralasciando il centrodestra, che non è argomento di mio interesse, e che comunque nella migliore delle ipotesi (per loro) al massimo riuscirà ad esprimere un candidato di bandiera in grado di tenere insieme i cocci tra fans di Berlusconi ed ex fans di Berlusconi, avendo come unico argomento di dibattito politico il senso unico di via Remesina o il campo nomadi (0,1% della popolazione caprigiana, 0,1% del bilancio comunale…) per chi invece si oppone realmente alle logiche di governo locale vissute fino ad oggi, nella grande (?) famiglia dei Beni Comuni (che a grandi linee possiamo identificare sulla base di alcuni obiettivi condivisi storicamente sul campo: tutela appunto dei Beni Comuni, intesi come ambiente, lavoro e servizi pubblici, aumento degli strumenti di democrazia diretta e partecipazione, conversione ecologica dei sistemi produttivi) la questione  diventa parecchio delicata.
Stando agli ultimi risultati di regionali e politiche, si direbbe che l’unica forza politica oggi attiva su quei temi, con un consenso reale sia il M5S: 2,9% alle comunali del 2009, 5,3% alle regionali di un anno dopo,  21,3 alle ultime politiche (dati sempre un poco al di sotto delle medie nazionali).
Una progressione impressionante, ma con due limiti:
1) Nel reto d'Italia, ad ogni elezione amministrativa successiva alle politiche, il M5S non è riuscito a ripetere il medesimo risultato e se Carpi 5 Stelle torna a livelli del risultato delle regionali, come si diceva, è a rischio pure la sua entrata in consiglio o comunque non si va oltre l’elezione di un consigliere.
2) Anche confermando il 21%   delle politiche (ipotesi francamente molto ottimistica) non è scontato che si riuscirebbe ad andare al ballottaggio per l’elezione del sindaco (e nel caso, a vincerlo), dato che la proposta attuale del M5S non sembra  in grado di raccogliere consensi al di fuori della cerchia dei fedelissimi di Beppe Grillo.

Certo , più consiglieri “attivi” come è oggi il consigliere di Carpi 5 Stelle, sarebbero un bel problema (o un bello stimolo, se fossero capaci di cogliere gli stimoli) per il partitone, ma la storia recente ha dimostrato  la loro totale refrattarietà a discutere in modo oggettivo le proposte che vengono dalle opposizioni, che si tratti di singole delibere o di emendamenti di bilancio, e quindi, l’effetto pratico non andrebbe oltre che un utilissimo rafforzo delle attività di controllo e di trasparenza, ma le decisioni vere resterebbero nella mani dei soliti.

Resta una variabile che potrebbe fare una certa differenza nel chiudere la partita al primo o secondo turno e sarebbe Alleanza per Carpi.
Una loro alleanza al primo turno con il PD, gli farebbe probabilmente dimezzare i voti e li relegherebbe nella medesima situazione di marginalità dell’IDV dal 2009 ad oggi (salvo recuperare voti di renziani “infastiditi” dalla “allure” di apparato del partitone che si trascina dietro Bellelli, ma anche con il recupero di qualche  elettore renziano deluso, difficilmente ApC avrà peso e influenza sufficienti a cambiare qualcosa).
Qualcosa di più (per loro) potrebbe succedere se si presentassero autonomamente al primo turno ed effettivamente si andasse al secondo turno (sempre che poi il PD decida di giocare la carta degli apparentamenti, cosa non scontata, in alcuni contesti come ad esempio Rimini, decisero di correre comunque da soli anche al secondo e vinsero),  ma anche che ApC arrivasse a poter influire in qualche modo sul PD, non è detto che per il “popolo” a cui faccio riferimento qui sopra sia un bene: nonostante la conversione postuma sul referendum AIMAG, la consigliera Pivetti ha sempre manifestato una certa “sfiducia” nel sistema pubblico, sia per sanità e istruzione e il loro avvicinamento con i paladini del mercato libero di FARE, dopo essersi tenuti in pancia per tutta una legislatura i privatizzatori militanti dell’UDC, francamente non mi fa pensare che eventuali “cambi di rotta” imposti da ApC al PD, se mai ne avesse la forza, sarebbero “in meglio”.

Se qualcosa d’altro serve, serve appunto per riuscire a dare voce e forza ad una vera visione alternativa nella gestione della cosa pubblica e dei nostri territori, che faccia dell’amministrazione pubblica qualcosa in grado contrastare i disequilibri delle logiche di mercato, ridia autonomia decisionale alle comunità locali su servizi essenziali e fondamentali e indirizzi tutte le risorse possibili ad aggredire gli effetti a livello locale della crisi di questo modello economico, cominciando dall’intervento sulla macchina comunale, raccogliendo le infinite buone prassi già sperimentate da altri territori con l’obiettivo di favorire una comunità più sostenibile e solidale, lavorando anche su quel 20% abbondante di astensionismo alle ultime elezioni amministrative, che temo sia destinato a crescere in assenza di alternative credibili al partitone.
Oppure, possiamo tenerci il quadro così com’è, attaccarci ognuno alle proprie bandiere e appartenenze e  prepararci ai prossimi cinque anni di gestione monocolore PD (che con o senza microalleati, monocolore resta), in perfetta continuità con quanto avvenuto fino ad oggi, dato che nonostante il cambio del sindaco e qualche intervento “cosmetico”, la sostanza, nel modo di governare del partitone, cambierà ben di poco.
Ma ovviamente, è giusto solo la mia opinione...

Ci si vede il 20  gennaio, ore 21, auditorium Rustichelli in San Rocco, per parlarne "de visu", con chi vuole e chi vuole può anticipare contributi e commenti da pubblicare qui o sulla pagina facebook.

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