Ci metti
queo venti secondi a riconoscerla, ma quando capisci che sta effettivamente attaccando la
serata con una versione voce e chitarra di “enjoy the silence”, ci rimani fra il
divertito e lo sbigottito e in effetti ti chiedi dove vuole andare a parare, il
Guido Maria Grillo.
Poi te ne
freghi e ti godi una voce che può permettersi di jeffbucleyggiare impunemente lungo un percorso
tutto suo di canzoni che evidentemente hanno segnato la sua vita, come quella
di molti, pescando dai grandi classici a
pezzi meno noti, in interpretazioni decisamente personali.
Voce (tanta), chitarra, e passione.
Serve mica molto altro per riscoprire canzoni
conosciute da sempre e altre orecchiate per la prima volta, e anche quando
sembra giocare sul facile (“Knocking on heaves door” “la Cura”), in realtà riesce a stupirti
e non puoi non apprezzare il lavoro per impossessarsi delle parole di altri,
che va un po’ più in là della sola interpretazione.
Per quanto
mi riguarda il gioiellino è stato la “You are my sister” di Antony and the
Johnson.
C’è chi le
canzoni se le fa girare nello stereo e in testa in modo compulsivo e c’è che
riesce a farle sue in modo diverso e infatti sembra proprio di condividere una cosa
intima, favorita ancora una volta dall’atmosfera
del foyer del Teatro del Popolo, che in questo periodo ha appeso alle pareti
una bella mostra dedicata a Abelardo Bianchini, poeta e “marionettista”, che ti
accoglie con una poesia scritta da una trincea della prima guerra mondiale, che
già quella è una scoperta che valeva la piccola trasferta.
Insomma, l’Ottava
Arte regala ancora buona musica, in quel di Fabbrico e bordate di
sentimenti che non diventano sentimentalismo e che si chiudono a lambrusco e
gnocco fritto
Sono piccole
cose, ma mica tanto piccole poi.
Troppo enfatico
eh!?
Beh, facciamo
cosi, troviamogli una pecca a questo pomeriggio d’arte e popolo: abbassate il
riscaldamento (cazzo!)
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