Si chiude
con il comunicato stampa del centrosinistra carpigiano la vicenda ferragostana
della (non)candidatura a presidente della provincia del sindaco di Carpi, Alberto Bellelli.
Poco più di
una nota di colore nelle vicende estive, ma “antropologicamente” significativa
per una valutazione della nostra classe dirigente locale.
Riassumiamo
brevemente:
1) Il
governo delle mirabilie attua una “eliminazione delle province” che di fatto si
riduce all’eliminazione dei loro organi elettivi (Presidente e Consiglio
Provinciale) , lasciando più o meno intatto tutto il resto.
La
presidenza e il consiglio ora saranno organismi di “secondo livello”, cioè
eletti dai consigli comunali (che già riportano una rappresentanza distorta
degli orientamenti dell’elettorato provinciale, dato che sono eletti con due
sistemi elettorali diversi (ipermaggioritario a un turno per i comuni piccoli,
a doppio turno per quelli sopra i 15mila abitanti).
2) Il
sindaco di Modena Muzzarrelli (il sindaco che ha avuto meno consensi elettorali
nella storia di Modena dalla Liberazione ad oggi), “ovviamente” fa sapere che
la presidenza della provincia è cosa sua (roba che se avesse dovuto
conquistarsela in una competizione elettorale avrebbe preso una pacca nei denti
che a confronto quella ricevuta nelle elezioni comunali era una carezza)
3) Il
settimanale di Carpi, Voce, in nome di un minimo di riequilibrio di poteri
nella provincia e di attenzione all’area nord, lancia l’idea che anche il
sindaco di Carpi, Bellelli, si candidi alla guida della provincia.
4) La
proposta viene “cavalcata” dalla lista Carpi Futura
5) Il
sindaco Bellelli risponde alla “provocazione” di Carpi Futura con una gustosa
“controprovocazione”: se mi volete candidare, dovreste prendervi l’onere di
sostenermi anche in maggioranza a Carpi
6) Purtroppo
per Bellelli Carpi Futura è abbastanza spregiudicata da non escludere l’ipotesi
ed invita il sindaco ad approfondire la questione.
7) Non si
hanno risposte da un imbarazzato Bellelli, ma qualche settimana dopo si
materializza l’ectoplasma della “coalizione di centrosinistra” (cioè il nome
che usa il PD quando vuole far finta di non essere da solo a governare la
città) che tronca la questione e merita qualche commento specifico.
Per come
riportato dal quotidiano “Prima Pagina” il
comunicato del PD più alleati, prima conferma la prima parte della risposta del
sindaco a Carpi Futura (bollando la proposta come “campanilistica”, in
sintesi), poi, sull’ingresso di un altro attore in maggioranza, questo sì
dotato di un consenso popolare visibile (al contrario degli alleati del PD che
non hanno i consensi sufficienti ad eleggere consiglieri comunali neanche con
il premio di maggioranza), specifica che l’ingresso di Carpi Futura non è
materia di “confronto” ma richiede (udite udite) che Carpi Futura “ripudi” il proprio programma elettorale (testuale,
nell’articolo, se non ricordo male, non si sa se anche nel comunicato, che non
si trova in nessuna pagina on line della coalizione, ferme alla campagna
elettorale o alle benefiche secchiate di acqua gelata dei consiglieri, per non
parlare dei comunicati dei gruppi consiliari sul sito del Comune, che sono
fermi alla “consigliatura” precedente. Se qualcuno ha il testo originale, per favore lo mandi, che li colleziono).
Testuale o
no diciamo che comunque suona verosimile, in fondo il “ripudio” è una
dimensione che più che alle categorie della politica appartiene a quelle della
morale e, nello specifico, si può supporre che metta assieme, almeno nel
linguaggi, la memoria dei “ripudi” richiesti ai dissidenti dai partitoni sovietici,
in nome di “discipline superiori” e “piani nazionali”, che avrà dato qualche
brivido di gioventù ad alcuni dei veterani di SEL, e l’ala cattolica
integralista rappresentata dalla lista civica Carpi 2.0, che forse ha qualche
nostalgia di tribunali dell’inquisizioni e “auto da fè” dei tempi che furono,
unitamente con la sindrome da “lesa maestà” che da sempre permea l’aplomb del segretario comunale del PD Dalle Ave
(ufficialmente dimissionario perché diventato figura istituzionale con
indennità non più pagata dal partito ma dalla collettività, con la nomina a
presidente del consiglio comunale).
“Ripudiare”
il proprio programma, quindi, si richiede a quegli sventati di Carpi Futura che
hanno avuto l’ardire di sfidare il PD e i suoi scudieri, perché nella
concezione del partitone cittadino, l’esprimere opinioni diverse (per non
parlare di idee), per di più in un programma elettorale, è un atto reprobo, che
come tale deve essere segnalato alla collettività tutta (e meno male che non
hanno anche chiesto di farlo in piazza, frustandosi la schiena con mazzi di
ortiche!).
Sarcasmi a
parte, speriamo veramente che il “ripudio” fosse una forzatura giornalistica, in
fondo la querelle era tutt’altro che seria (purtroppo), ma indicativa del
nostro modello di governo, niente di chè nel panorma politico nostrano, a parte
appunto un sindaco che scivola su una battuta di sicuro effetto mediatico per
qualche lettore di social media agostani, salvo doversi pentire in fretta della
sua guasconata, a fronte di una proposta che comunque non aveva nessuna
speranza di essere accolta per diversi concreti motivi.
Il primo è
che, salvo non sia cambiato qualcosa dai tempi della sua nomina ad assessore
nelle giunte Campedelli, il sindaco è tuttora formalmente un dipendente della
federazione modenese del partitone in aspettativa, e questo significa che anche
volendo (e comunque non avrebbe mai voluto), non può permettersi di turbare gli equilibri che si determinano
all’interno di quella federazione, con troppo larghe autonomie di iniziativa (e
di pensiero): il suo mandato prima o poi finisce e il suo destino professionale tornerà in
mano a quella federazione, dove notoriamente i carpigiani al massimo possono
aspirare a posti di seconda linea, pestare piedi non è saggio e il partitone ha
memoria lunga (benchè non abbandoni mai nessuno, al massimo lo fa finire a fare
il presidente dello IACP, ma da qua a dieci anni i posti di sottogoverno
potrebbero essere un po’ meno abbondanti di oggi).
Per quanto
ne ho visto io dalla fine degli anni 80 ad oggi, per i nostri funzionari, di
fatto si prevede una certa libertà nel partitone carpigiano nella gestione
delle questioni “interne”, a fronte della garanzia di stipendio , a patto che
non ci si immischi troppo in cose più grandi di loro.
Infrastrutture
e gestione di servizi su scala provinciale appartengono alla federazione e ad
equilibri regionali, questi ultimi giocati su un tavolo dal quale Carpi è
“assente” da lustri (e i risultati si sono visti anche nella gestione regionale
post sisma).
In cambio
Carpi ha una presenza di prestigio da tre legislature in Parlamento (eccezione
rispetto alle regole del partitone), ma scarso potere contrattuale dove si
prendono le decisioni economicamente rilevanti di questo territorio.
Questo è il
quadro e pensare che Bellelli possa scindere il suo ruolo di Sindaco di tutti i
carpigiani da quello di dipendente della federazione, è ingenuo data la situazione
e anche data la natura dell’uomo , che è prima di tutto uomo di partito (nel
bene e nel male).
Diciamo che
la sua “controprovocazione”, in assenza di argomenti più seri per contrastare
la proposta di Carpi Futura, sia stata un cedimento ad una certa boria mediatica
di stampo renziano, che deve avere intaccato anche i più vecchi pezzi dell’apparato
come il nostro sindaco.
Peccato (da
un puro punto di vista “spettacolare”, che nella sostanza comunque nulla
sarebbe cambiato, dato che il PD provinciale aveva tutti i numeri per
sterilizzare qualsiasi “colpo di testa” carpigiano, visto che il principale
partito di opposizione in provincia, il M5S, non parteciperà alle votazioni) che poi non abbia avuto il “fisico” per
reggere il suo stesso bluff.
Per chi è
abbastanza vecchio da avere reminiscenze western, si può dire che con la loro
proposta VOCE e Carpi Futura speravamo in un “cavaliere pallido” che difendesse
gli interessi di una comunità colpita da fin troppi eventi che richiedono
risposte concrete e innovative, e ci ritroviamo invece con un “pallido funzionario”,
che continuerà a rispondere ad equilibri ed interessi che risiedono altrove (ma francamente la cosa
non dovrebbe stupire troppo).
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