Giovedì scorso
è passata in comune con il solo voto della maggioranza, fra le altre cose, la delibera
che consentirà ai proprietari dell’ultimo tratto non edificato “pre-farrovia”
che si affaccia su via Remesina, di presentare, se vorranno, il piano di iniziativa
privata, che potenzialmente gli consentirebbe di costruire nell’area circa 500
appartamenti.
Dalle
cronache sui giornali e dai commenti su FB, pare che il dibattito di giovedì
sera sia stato piuttosto animato, su questo come su altri punti previsti dall’odg.
Da ex
consigliere mi permetto di fare due considerazioni, una di merito, l’altra di
metodo, relative a questo dibattito e ai
lavori consigliari in genere.
Per quanto riguarda
il merito: è evidente che, vista l’aria che tira, proprietari di terreni
edificabili e costruttori stiano cercando di porre qualche punto fermo prima
dell’appovazione del nuovo PSC, che dovrebbe mandare in pensione l’attuale PRG
(ovvero lo strumento di programmazione urbanistica, dove la comunità politica
decide a quale uso destinare il proprio territorio).
Visto che
oggi tutti ammettono che il vecchio PRG era abbondantemente sovrastimato per
numero (e aggiungerei anche per qualità e tipologie) di costruzioni,
consentendo una galoppata speculativa sulle aree edificabili e sul mattone, che
è stato al tempo stesso danno ambientale, spreco di risorse che potevano essere
investiti in produzioni innovative o comunque nel settore manifatturiero, nonché
una delle principali vie attraverso le
quali la crimanlità organizzata ha preso
piede in Emilia, e visto che a quanto pare, gran parte dell’opinione pubblica
vorrebbe vedere un Piano Strutturale Comunale veramente a consumo zero di territorio (che per
alcuni va inteso anche come revisione di quanto oggi dichiarato edificabile ma
non ancora edificato), i costruttori intanto mettono le mani avanti.
E’ un
fenomeno che in realtà si verifica già da anni, in attesa che il mercato
riparta, intanto si presenta il piano e magari si costruiscono le prime opere “compensative”
(pezzi di ciclabili e parcheggi che restano inutilizzati per anni, in mezzo a
quadrilateri di terreni incolti, moltiplicatoir di degrado), tanto per “marcare
il territorio” ed evitare che a qualcuno possa venire in mente che abbiamo
cementificato a sufficienza-
E’ successo
nell’area di via Due Ponti prospiciente all’ormai mitologico “Parco Lama”, è
successo in via Morbidina e nel quartiere a fianco del nuovo commissariato di
polizia, giusto per citarne alcuni.
L’amministrazione
comunale e il consiglio in primis, potrebbe opporsi a questa dinamica, pe l’appunto
non facendo i semplici “notai” ma entrando sul merito delle richieste a
costruire presentate e soprattutto accelerando l’elaborazione e l’approvazione
del nuovo PSC, che in quanto atto di programmazione, avrebbe tutti i titoli per
ridefinire cosa è costruibile e cosa non lo è, in assenza di piani
particolareggiati presentati dai costruttori e già approvati /e anche approvati
ma mai avviati).
Il nuovo
PSC, s’impegnò l’assessore Tosi, doveva essere approvato per la fine del
mandato precedente.
Ovviamente
invece è ancora in alto mare, della sua gestione “partecipata” se n’è persa
ogni traccia.
Nel
frattempo chi aveva posizioni di rendita e potere determinate dai favori
concessi dal vecchio PRG, pianta le sue bandierine sul territorio e la
maggioranza approva (e tanti saluti al “consumo zero del territorio” di cui
ancora oggi si beano PD e microalleati, pure nella campagna elettorale delle
regionali. Chi li vota sappia a cosa va incontro).
Quindi prima
questione di merito: la si giri come la si vuole, quando è ora di votare, PD e
alleati votano sempre per l’espansione edilizia e per garantire interessi
speculativi enormi su un territorio che mai come oggi è considerato proprietà
privata e non bene comune.
Sul metodo,
e in particolare sul metodo di dibattere le questioni in consiglio, leggo un
bel commento della consigliera Anna Azzi su FB che nei fatti, cita il consiglio
di giovedì sera, come esempio di come la maggioranza nei dibattiti “bullizza”
allegramente sempre e comunque qualsiasi opinione che venga dalle opposizioni.
Ora, io non
ho ascoltato il dibattito di giovedì sera, ma visto che pure un consigliere PD
ammette che i toni siano un attimo “trascesi”, ne deduco che non c’è nulla di
muovo sotto il solo dei dibattiti consigliari carpigiani (e non), e la
questione è rappresentativa della qualità delle nostre democrazie locali.
Il punto è
che mai (MAI, mai, mai, mai…) una decisione di programmazione urbanistica o una scelta di
bilancio del comune o un investimento infrastrutturale che avessero un qualche
rilievo, è stato modificato in seguito a dibattito consiliare.
Capisco la
frustrazione della consigliera Azzi, ma bisogna chiarirsi su quale sia il ruolo
delle assemblee elettive locali nell’era della politica maggioritaria (per non
parlare di quelle di secondo livello come le unioni comunali e ora le province).
Giunta e
dirigenti possono covare atti per mesi, per poi scodellarli al consiglio quando
tutte le decisioni da prendere sono già state confezionate, in una disparità
informativa (che è il nocciolo della gestione del potere) che nessun
consigliere di opposizione potrà mai colmare (nel tempo libero della sua
professione).
Il gruppo di
maggioranza le apprende nelle riunioni di gruppo consiliare, commissione e consiglio di fatto servono solo
per rispettare l’obbligo istituzionale, ma nulla è mai stato cambiato in quelle
sedi.
Gli esempi
più eclatanti sono i bilanci di previsione (possibile che su un bilancio da 70
milioni non siano mai stati in grado di accettare modifiche o emendamenti che riguardavano
a volte meno dell’1% del totale?) o casi come quello della famosa delibera per il
“riscatto anticipato” della Dorando Pietri, trattata per circa nove mesi fra
polisportiva, dirigenza e giunta, scodellata in commissione come la genialata
del secolo, pronti tutti a difenderla a spada tratta contro ogni altra ipotesi
e critica, infine bocciata dal collegio dei revisori dei conti.
Insomma, bisogna
convincersi: il potere deliberativo del consiglio è del tutto una farsa, la sua
funzione resta vitale per controllo, accesso e diffusione delle informazioni,
ma questi compiti da “watchdog” sono per l’appunto tipici per chi è all’opposizione.
Per i
consiglieri di maggioranza, chiuse le questioni nel privato delle riunioni di
gruppo, dopo non ci sono margini di manovra (ammesso che qualcuno avesse l’indipendenza
e l’autonomia di giudizio per “manovrare”, cosa dipersé rarissima), quindi quello
che si chiama “proposta di delibera”, in realtà, nel momento che arriva in
consiglio è già bella che deliberata e ai consiglieri di maggioranza e opposizione
non resta che tirarsi qualche “mattonata” verbale, giusto per chiarire per la
stampa e il raro pubblico la propria posizione.
Le
possibilità di far valutare “proposte costruttive” da parte delle opposizioni
rasentano lo zero (in realtà rasentano lo zero anche quelle che un qualche
consigliere di maggioranza possa influire sulle decisioni di giunta), mentre
nei dibattiti in consiglio, i contenuti dei consiglieri di maggioranza variano
dal discorso fotocopia di quanto appena asserito dall’assessore o dirigente di
turno in apertura, al “bullismo” da maggioranza che si riassume nel “noi siamo noi e voi non siete un…” che ogni
tanto caratterizza l’arroganza del
potere di questo o quel assessore e di questo o quel consigliere (ma questi
ultimi bisogna capirli, over stare seduti quattro ore avendo come unica
possibilità quella del voto a favore, porta a somatizzare qualche stress).
Quel che resta sono giusto variazione di stile, per questo, se chi si prende
una maggioranza di seggi sempre più che proporzionale rispetto ai propri
consensi reali fra l’elettorato, in
tutte le assise (comune, unione, provincia, regione), ogni tanto facesse non
dico esercizio di umiltà (che quella è un'utopia), ma almeno di gentilezza del
dibattere, anche a fronte di qualche eccesso di frustrazione da parte delle
opposizioni condannate all’impotenza, come dire, dimostrerebbe almeno un po’ di
signorilità (ma com’è noto la politica, per molti di loro, è più tifo da ultrà,
che dibattito fra pari).
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