Passato qualche giorno dall’uscita di Civati dal PD, seguita
oggi anche dall’europalramentare Elly Schlen viene da chiedersi dove siano oggi tutti i loro agguerriti sostenitori a
livello locale, che imperversavano sui social durante le primarie e poi in
campagna elettorale (fino al lancio di quei "Gattini per Civati", su facebook, che ora è diventatato un allegro sfottò/ tormentone sulle bacheche di politici invisi quali Salvini e Grillo), .
L’impressione infatti è che Civati esca, ma i “gattini civatiani”
invece restino (in silenzio) nel partitone, almeno quelli che hanno un qualche
ruolo di rappresentanza nelle amministrazioni locali (l'equivalente della ciotola di latte e gomitolo di lana con cui giocare).
Intendiamoci, capisco che l’appartenenza in questo caso
giochi un ruolo fondamentale e che in fondo, la situazione del partitone a
livello locale sia meno sordida di quanto succede a livello nazionale o in
altre regioni, ma se le parole hanno un senso, se i programmi politici hanno un
senso, forse chi mesi fa invitava a fare le lotte “dentro” il partito o invitava
a votare una candidata alle europee perche “civatiana”, prima che (e forse
nonostante che) piddina, forse una parola al pubblico dei propri elettori la
potrebbe anche dire.
Vero è che in realtà, se ormai l’aria si era fatta
irrespirabile per i leader di minoranze interne al partitone a livello
nazionale, al punto che in fondo sanno benissimo che hanno pochissimo da perdere
in termini di carriera politica, casomai ne fossero interessati, essendosi già
largamente bruciati ogni possibilità (il partito di Renzi non li chiama manco
alle feste dell’Unità, figuriamoci se riconsegnerà loro qualche seggio nel
parlamento nominato dall’italiacum), a livello locale le cose cambiano
Qui in Emilia il vecchio partitone per tradizione coltiva e
conserva fette di dissenso interno, avendo comunque abbondanza di posti
garantiti da un consenso ancora elevatissimo (in termini percentuali, molto
meno in termini assoluti) in assemblee
elettive, giunte e posti di sottogoverno vari.
L’assessore o il consigliere di rito “difforme” dalla
maggioranza, fin dai tempi del PDS, è
garantito e tutelato, nel nome di una tradizione antica che vuole che tutto sia
compreso nel partitone, incluso il dissenso, nulla sia ammesso fuori (tanto poi le decisioni
concrete le prende comunque un nucleo dirigente sempre più ristretto e sempre
più personalizzato sui vertici delle amministrazioni), quindi il “gattino”
civatiano, se sta chieto, se manifesta il proprio dissenso solo all’interno delle
sezioni (che tanto nessuno ascolta), ma poi nella sua attività di
amministratore, si adegua (anche entusiasticamente) all’andazzo della
maggioranza, non solo non corre rischi, ma anzi, gode di una sorta di
intoccabilità garantita da queste parti proprio ai rappresentanti delle
minoranze.
Tanto che vien da pensare che certi “endorsement” entusiastici in
fase di primarie o elettorali, siano più legati ad un calcolo di questo tipo,
piuttosto che ad intima convinzione (se uno si sceglie sempre il leader di
minoranza, passando da Franceschini a Civati, il sospetto viene).
Il problema non è la “praticabilità” di Civati o dei
civatiani dentro il partito, ma la praticabilità di quelle che sono le loro
istanze, tendenzialmente più ambientaliste e “partecipative” del modello
renziano (ma anche bersaniano).
Nelle discussioni politiche con amici elettori del PD, l’argomento
maestro era appunto: “Sì, il partito ha
molti difetti e ha fatto molti errori, però con Civati…” intendendo così dire
che c’era la possibilità di sostenere posizioni ideali e programmatiche di
reale cambiamento.
La mia personale esperienza (anticipato vent’anni fa dalla
mia esperienza personale quando uscii dal partitone), è appunto che il posto
peri Civati, se vogliono restare nel partito ed accontentarsi allo sventolio di
istanze bandiera sul lavoro, come sull’ambiente o la legalità, mentre il
partito si muove in direzione nettamente opposta e il rischio è di essere utili idioti, per "allamare" quel pezzettino di elettorato che evidentemente vorrebbe una
sinistra sì di governo, ma in grado di indicare un’idea diversa di relazioni
sociali ed economiche da quella del mainstream bipartisan che caratterizza l’Europa
degli ultimi venticinque anni, dove Labour e Conservatori, SPD e CDU,
centrodestra e centrosinistra italiani, sono ormai un maga indistinto di
asservimento al modello di mercato attuale, in modo sempre più indistinto.
Alla lunga, per un minimo di coerenza e dignità personale
Civati prima, Elly Schlein subito dopo, l’hanno capita, per chi ha fatto le
loro stesse scelte vent’anni fa, è facile capire il peso del taglio di un’appartenenza
fondante come quella che univa al partitone.
Ma mentre loro operano, recuperando un po’ di dignità,
questo doloroso taglio, tutti i loro “gattini” a livello locale, invece,
preferiscono continuare a marciare compatti nel partitone (in fila per tre con
il resto di due, massima negazione della natura felina), senza mai sollevare un
commento critico in pubblico, muti o parlando d’altro sui social tanto amati
durante le campagne elettorali, sui quali manco degnano di un saluto il loro leader tanto lodato solo
qualche mese fa.
Perché qua da noi, prima viene il partito e si resta fedeli la
linea (anche quando la linea non c’è, come cantava alle feste dell’Unità un
famoso gruppo punk, una trentina d’anni fa), per la coerenza personale, c'è sempre tempo dopo (e ci sarà sempre nel partitone qualcuno pronto a capirti, consolarti e spazzolarti il pelo) .
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