Ritengo improbabile che si vada ad elezioni anticipate
(anche se effettivamente lo spererei), ma che le elezioni siano domani, fra un
anno o fra tre, comincio a nutrire la desolante sensazione che, sia come sia,
la mia “parte” ci arriverà impreparata.
L’ultima volta che partecipai ad un’organizzazione che aveva
“Sinistra” nel nome, fu ai tempi di Sinistra Democratica (nel frattempo ero già
uscito da una decennale militanza nel partitone e da quattro o cinque anni nei
Verdi).
Sinistra Democratica, per statuto, se non ricordo male, non
poteva presentarsi ad elezioni e aveva come scopo di fungere da “facilitatore”
per l’unità della sinistra (tutta).
Qua da noi si rivelò invece il retino con il quale
fuoriusciti del PD, andavano a pesca di vendoliani all’uscita del congresso di
Rifondazione che ne decretò la (ennesima) scissione e poi tutti insieme
appassionatamente diedero vita a SEL, che dal punto di vista dell’elaborazione
e dell’azione politica, fu il principale strumento per “normalizzare” istanze
di sinistra nell’alleanza con il calderone protodemocristiano che stava
diventando il PD (già pre-Renzi), costituire un’utile foglia di fico per
l’elettorato che ancora sperava di poter “tirare” a sinistra il partitone e,
last but not least, fornire una chance di contrattare qualche posizione di
carriera per politici di professione di lungo corso, con un partitone che in
quanto a sedie, con gli alleati si è sempre dimostrato molto generoso, in
cambio di perenne e indefessa fedeltà anche quando l’azione di governo, locale
o nazionale che fosse, smentiva platealmente i termini di Sinistra ed Ecologia
(per la Libertà, invece c’era la massima libertà per la loro classe dirigente
di fare un po’ come gli pareva, una volta contrattata la posizione di potere
più consona).
Per inciso negli stessi anni, a livello regionale e in molti
comuni, anche i loro “fratelli coltelli” di Rifondazione, continuarono ancora (e
qua e là in Italia continuano) a partecipare alle maggioranza cosiddette di
“centrosinistra” (Carpi faceva e fa eccezione da quando esiste l’elezione
diretta del sindaco), ma anche quando e dove cominciò a smarcarsi dall’abbraccio
“fatale” con le politiche amministrative del partitone, risultò tutto un po’
troppo tardi e troppo poco per costituire un’alternativa credibile (e qua da
noi, gran brutta botta per la loro credibilità, a mio parere, fu partecipare
ancora alla coalizione di Errani nel 2010).
Aggiungiamo che, da elettore medio con idee e valori di
sinistra, faccio fatica a capire cosa si intenda con “comunista” oggi.
Se il problema è avviare la rivoluzione proletaria, promossa
da un’avanguardia operaia, che ribalta armi in pugno lo stato borghese per arrivare
al superamento della proprietà privata e dello Stato stesso, la cosa non mi
trova molto interessato.
Capisco invece benissimo le loro posizioni programmatiche
nelle elezioni locali e nazionali, le trovo in gran parte vicino alle mie, per
questo, non definendomi “comunista” per una questione oserei dire quasi più
logica che ideologica, non ho mai avuto (e credo non avrò mai) problemi a sostenere
e votare coalizioni che comprendano anche chi comunista si dice, perché se c’è
una cosa che credo di avere imparato dopo 25 anni di politica più o meno
partecipata è di impiparmene delle etichette, non cadere nel ricatto
sentimentale delle appartenenze (per quanto complicato e doloroso sia), per poter
giudicare un’organizzazione politica per quello che dice e fa (o non fa) e la
relativa coerenza fra i due termini .
Per un po’, e facendo la tara a tutti i limiti di
un’esperienza nuova, quella coerenza l’ho trovata nel M5S, poi anche loro mi
pare si siano persi per strada su alcune questioni (in primis: ruolo del
leader, possibilità reale di creare un programma politico nazionale dal basso,
quando invece molti temi vengono dettati direttamente dal duo
Grillo-Casaleggio, tanto è vero che oggi aspettano le indicazioni messianiche
che verranno dal magico duo alla prossima manifestazione di Imola, per quanto
riguarda modalità di scelta dei candidati per la prossima compagine parlamentare e, eventalmente, governativa, perfetta negazione di quello che
doveva essere un movimento dove le decisioni nascono dal basso).
Ma torniamo “a sinistra”: arriva il 2014 e si intravede uno
spiraglio di luce, con l’Altra Europa.
La appoggiai a livello locale, firmando per la presentazione
delle liste e partecipando sporadicamente a qualche iniziativa, dato che
contemporaneamente ero impegnato anche nella promozione della lista per le
elezioni comunali di Carpi Bene Comune dove, purtroppo, per le dinamiche
richiamate sopra, l’unità di tutte le “sinistre” non si potè fare
(indubitabilmente anche per errori di tempo e modo nostri, ma anche per il
riflesso condizionato di SEL che ancora oggi ripete il mantra ossessivo dell’alleanza
con il PD "ovunque possibile", evidentemente a prescindere dalle politiche che esprime a livello
nazionale e locale, sempre e comunque).
Guarda caso, l’Altra
Europa, il giorno dopo le elezioni e dopo un risultato brillante (tenuto conto
del livello da dove si partiva), si sfalda allegramente tra personalismi e
“lottizzazioni” della sua classe dirigente (con SEL che protesta perché chi è
arrivato secondo nelle preferenze non può andare in Parlamento, come se i voti
si pesassero e non si contassero, e la parte “civica” dell’Altra Europa che
prende strade tutte sue, non confrontandosi più con nessuno).
Novembre 2014, ci si riprova con Altra Emilia Romagna, continuo
a pensare che, anche senza SEL, l’idea
di partenza fosse buona, alla fine si agguanta il risultato (eletto nel
collegio di Bologna il consigliere Alleva, avrei preferito francamente una
figura un po’ più fresca e con un percorso politico più interessante, come Cecilia Alessandrini, ma va bene uguale).
Il problema è che nel frattempo il percorso de “L’Altra…” (Europa, Italia, Emilia Romagna che dir si voglia)
dal punto di vista organizzativo pare fermo e il rischio è che per gruppo
dirigente, temi e linguaggio, ci si trovi di fronte alla “semplice”
Rifondazione Comunista sotto altro nome (non per volontà egemonica loro, direi,
ma semplicemente perché sono l’unica componente con un minimo di
organizzazione, con militanti più presenti e che quindi inevitabilmente danno
il segno ad un insieme che avrebbe dovuto essere capace di parlare ad un
pubblico più ampio).
Un anno (quasi) dopo le elezioni regionali, credo che l’Altra Emilia Romagna pecchi sia in
comunicazione (dell’attività di Alleva in consiglio si sa poco, a parte la
bella proposta di delibera sulla costruzione della autostrada TI-BRE, che però
è roba giusto di questi giorni) che dal punto di vista dell’organizzazione,
dove appunto tutto sembra congelato in attesa di sviluppi nazionali.
E proprio a livello nazionale si riparte, secondo me, dal
lato sbagliato, con il rischio che il dibattito si concentri sulla “sommatoria”
di sigle di partiti e componenti di fuoriusciti dal partitone (PRC, SEL,
Civati, addirittura Fassina! Cioè, dico...: Fassina!?) che ancora una volta danno
più l’immagine dell’iniziativa, più o meno meritoria che sia, di ceto politico che non di movimento di popolo, mentre chi un seguito
di popolo poteva averlo (ricordate la manifestazione di Rodotà e Landini per la
Costituzione di un paio di anni fa?), o si ritira a ruolo di padre nobile
(Rodotà) di un figlio mai nato, o in un fumosissimo progetto di movimento che
rinuncia ad ogni ruolo di rappresentanza elettorale (Landini), lasciando il
campo, secondo me, colpevolmente sguarnito.
Se per caso (facciamo finta di essere ingenui), le tensioni
interne al PD sulla pessima riforma costituzionale renzian-berlusconiana
fossero serie e si rischiasse davvero di andare ad elezioni anticipate fra
qualche mese, la sinistra di questo paese si troverebbe ancora in mutande
esattamente come con la barzelletta del 2013 di Rivoluzione Civile (giustamente
condannata all’oblio).
Il mio timore è che se si va avanti così, le cose non
saranno comunque molto migliori nel 2018, con SEL che continua ad essere legata
a doppio filo ad un partitone sempre più democristiano (sempre che per allora,
il partitone non abbia optato per rendere definitivo il clamoroso voltafaccia
in favore della destra del 2013, abbandonando SEL peggio che un cucciolo in
autostrada), Rifondazione che continua a parlare un linguaggio e a sventolare
una bandiera che, giusto o ingiusto che sia, ormai capiscono e condividono in
pochi, la cosiddetta “sinistra civile” che continua a non capire che se non si
parte per tempo con un’idea concreta di organizzazione, pensare di presentarsi all’ultimo minuto ad una competizione
elettorale resta, per quanto necessario, gesto di pura testimonianza (e in questo ci
metto anche la nostra piccola esperienza di Carpi Bene Comune).
Soprattutto credo che, vista la deriva mediatica e
personalistica che ha preso la politica italiana (e certo non solo da quando
c’è Renzi) sia ora che alcune delle figure nazionali che questo popolo di
“sinistra civile”, largamente disilluso e in gran parte rifugiatosi
nell’astensionismo, riconosce come punti di riferimento, decida di dire qualche
parola chiara e ad esporsi, per sostenere un progetto che SERVA per partecipare
in modo credibile alle prossime elezioni, uscendo dall’approssimazione delle
iniziative europee e regionali dell’ultimo anno.
Avviare un percorso che sia capace di essere veramente
partecipativo, sfruttando anche la rete e non pretendendo solo una presenza
militante, i cui riti evidentemente appassionano solo una minoranza, mettendo
chiari paletti rispetto al professionismo in politica, creando una struttura
che sia riconoscibile e a misura anche di chi non ha le storie di militanza che
ha avuto la mia generazione negli ultimi 20-25 anni e che sia in grado di
produrre una classe dirigente nuova (e costantemente rinnovata nel futuro).
Che sia facile no, che ci sia tempo neanche, ma se ne non si
comincia in modo serio ora (e non mi pare che una costituente convocata da un
segretario di partito in pista da un paio di lustri sia il modo migliore), l’unica alternativa è che si possa aspettare
che ci arrivino addosso le prossime elezioni e sbagliare tutto anche questa
volta, salvo sventolare ognuno le proprie bandiere identitarie e
(ri)condannarci all’irrilevanza politica, sia per chi si adeguerà a stare
alleato con il partitone (ammesso che anche questa volta li facciano
graziosamente accomodare a tavola), sia per chi se ne starà fuori.
E a quel punto sarà difficile convincere le "classi lavoratrici" che il voto dato a sinistra sia ben speso, ci sarà poco da biasimare chi si rifugerà nell'astensione o nel voto al "meno peggio", tanto più quando si tratterà di ballottaggio (nel caso specifico al M5S).
La vignetta l’ho
rubata non so dove, se Altan si adombra, giuro che la tolgo…
Giusto, interessante, condivisibile.
RispondiEliminaFausto
Grazie!
EliminaGent.mo Lorenzo Paluan, condivido molto di quel che leggo sul suo blog. Purtroppo non sono di Carpi, ma nel mio piccolissimo sono a sua disposizione per ogni cosa che possa far rinsavire la base PD. Mio figlio ad esempio va in una scuola elementare qui a Modena dove il presidente del consiglio di istituto boicotta i genitori che vorrebbero il cortile aperto dalle 16.30 alle 18.00. Il motivo è surreale, ma deriva dalla militanza PD del suddetto e da una insensata delibera del consiglio cominsle di Modena. E i militanti sembrano cerebrolesi.
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