Elezioni: l’imbarazzo della scelta o le scelte imbarazzanti? (Con un’eccezione)

La tornata amministrativa di domenica, per quanto sia passata in secondo piano rispetto al dibattito sul prossimo referendum di ottobre, in realtà lascerà abbondanti strascichi sulla politica nazionale, specie se, come è possibile, si verificherà qualche risultato eclatante in grado di rimescolare le carte nella palude politica nostrana (il chè non è detto che sia un bene: avere presente la barzelletta del tipo che, immerso fino al collo in una situazione poco gradevole gridava “Non fate l’onda!”? Ecco, a sinistra siamo messi un po’ così…)
Comunque sia, ci sono alcune grandi città dove andare a votare, per chi ha senso critico e valori di sinistra poco compatibili con il mainstream renziano imperante,  richiederà forti dosi di coraggio (e di antiacido).
Vediamone  qualcuna:

Roma: alle urne trascinandosi sulle ginocchia (sanguinanti).
Cioè, Fassina!? Seriamente!?
Cioè io mi dovrei sentire rappresentato dall’ex sottosegretario del governo Letta, che non fece una piega quando il partito votava fiducie a ripetizione al precedente governo Monti?
Quello che nel 2013 andava in TV a spiegare che non aveva votato Rodotà come presidente della Repubblica perché (testuale) “Non aveva i voti” (dato che lui e i suoi compagni di partito non glieli davano, esempio sublime di pensiero perfettamente circolare)?

Anche nella disperazione elettorale, con una candidata 5 Stelle, in teoria unica alternativa al sistema PD-centrodestra, che però esprime valori e proposte ambigue sul piano sociale e una provenienza di ceto di cui, sanamente,  diffido, non riuscirei ad accettare il dover votare per una persona che non rinuncia al suo seggio parlamentare nel momento in cui si candida per un’elezione amministrativa, e che mi passa da Letta alle teorie anti Euro senza far passare almeno un turno di sano riposo e decantazione.
Con tutto il rispetto, visto che non mi pare che Fassina abbia doti carismatiche tali da attrarre le folle, forse avrebbe fatto bene a mettere un po’ da parte il suo ego e favorire la nascita di una candidatura un po’ più genuina e partecipata.
Quindi, niente  Fassina sindaco, niente Raggi perché tanto al ballottaggio ci arriverebbe anche senza il mio voto, forse un motivo per trascinarmi ai seggi a Roma lo si potrebbe trovare nella presenza di Sandro Medici nella lista di Sinistra Italiana (e anche votare proprio quella lista sarebbe un sacrificio mica da poco…).
Ma anche qui, che ci si debba rifugiare nella presenza di una figura di lunga militanza come la sua per trovare un motivo per andare a votare, è già segno che negli ultimi venti anni, a sinistra è stato sbagliato tutto lo "sbagliabile".

Bologna: le alternative “leggere”
A Bologna invece, tutto sommato, si potrebbe andare a votare a cuor leggero, nel senso che due alternative praticabili ci sono, ma votarle non costa niente e probabilmente non porterà a niente.
Partendo dal presupposto che il M5S si rende invotabile candidando il peggio dell’esperienza che il movimento possa esprimere (ovvero quel Bugani, soggetto buono per “cerchi magici” intorno al capo di turno, distintosi solo per totale faziosità, settarismo e  servilismo, più attento a demolire ogni possibile “nemico interno”, ovvero chiunque avesse un barlume di pensiero autonomo dentro al M5S, che a lavorare per il "bene comune", con lo spessore culturale di una sottiletta e la capacità amministrativa di un paracarro ovviamente a mia modesto parere) ,  tenuto conto che Merola rischia di passare al primo turno per sostanziale mancanza di avversari di peso (e senza alcun merito personale suo, essendo la sua amministrazione una sorta di mera gestione dell’esistente, preoccupata di non disturbare alcuni “grandi appetiti”, come quello dei costruttori per il People Mover, restano comunque due liste “praticabili”, dalle quali si può sperare che riparta qualche barlume di iniziativa politica cittadina seria e autonoma.
Una è quella Coalizione Civica
Nonostante sia stata in gran parte cannibalizzata da SEL, facendo vincere alle primarie un candidato molto meno interessante di quello che avrebbe potuto essere la sua vera espressione “civica”, ovvero Paola Ziccone, che aveva anche il vantaggio di rompere l’esausto monopolio degli ego maschili nelle candidature di sinistra, il suo programma di lista resta comunque del tutto condivisibile e del tutto sovrapponibile a quello della lista dei Verdi, che nel caso di Bologna hanno scelto la via dello smarcamento del PD, e se riusciranno a guadagnare negli anni in serietà e coerenza, magari ci troveremo tra tre lustri un movimento ecologista degno di questo nome e paragonabile a quello degli omologhi europei (potenzialmente la mia area politica “naturale” oggi, se fossimo in un paese politicamente normale).
Unico tarlo: vorrei avere la certezza che in caso si debba andare al secondo turno, nessuna delle due liste decida di contrattare apparentamenti con il partitone, per evitare le scene penose degli ultimi venti anni, di liste che dicono le cose giuste, poi si trovano a votare le cose sbagliate, con perdita netta di credibilità per altri venti anni e ma con guadagno netto di poltrona per ceti politici impermeabili  a qualsiasi sputtanamento. 
Sperèm…

Torino: l’unica partita vera.
A Torino, dato che la sinistra ha trovato una sua unità, e va bene, ma visto che ricasca nel giochino di candidare il politico che in teoria avrebbe già altro ruolo nazionale e che ovviamente si guarda bene anche lui dal dimettersi dalla carica parlamentare (cosa secondo me eticamente sbagliata), e dato che comunque ritengo in questo caso, molto più importante che si riesca a svoltare rispetto al monoblocco di interessi tra Comune, fondazioni bancarie e altri potentati, rappresentato dalla linea Chiamparino-Fassino, ecco, qua potrei tranquillamente votare la candidata 5 Stelle Chiara Appendino, anche perché l’ho seguita un po’ a distanza nella sua attività di consigliera e mi è sembrata donna tosta e preparata, in grado di far saltare i nervi spesso al partitone torinese e in particolare a Fassino.
Fassino che ai miei occhi rappresenta il peggio dell’ipocrisia del partitone dai tempi in cui , come ministro al commercio estero, copriva di menate moderniste- sinistrorse, quella che di fatto fu la prima grande resa dei partiti un tempo socialisti (o addirittura comunisti) europei al pensiero unico iperliberista, ovvero la  firma degli accordi del WTO, che oggi trovano degno epigono nel TTIP.

Fassino (e tutto il PD dei piani alti con lui, in ottima compagnia con gli altri partiti del PSE in Europa) è l’emblema del comunista che dovendo far dimenticare di essere stato comunista diventa più realista (liberista) del re, in realtà abdicando a qualsiasi possibilità di elaborazione di un’idea e un modello di società dove diritti e giustizia sociale abbiano anche solo una minima precedenza sugli interessi di chi domina il mercato e anzi riducendo tutto il pensiero politico alla sola questione “mercato” .
Con tutto il rispetto per Airaudo,  e la sua storia e le sue battaglie, credo che proprio a Torino si giochi l’unica partita vera dove si possa misurare se in Italia può cambiare qualcosa, fra il “business as usual” (che sia di centrodestra o centrosinistra) e le forze di cambiamento correttamente intese e tutto sommato la Chiara Appendino mi pare rappresenti quel pezzo di M5S più vicino a quello che avrebbe dovuto essere sulla base delle dichiarazioni degli anni 2009 -2010.
In attesa che la sinistra si riorganizzi, la pianti con i personalismi, le drittate dei singoli dall’ego ipertrofico, le roboanti dichiarazioni di principio svendute in cambio di un posto in giunta (in genere con delega al nulla) e cominci a ricostruire nella pratica politica quotidiana una classe dirigente credibilmente di sinistra, ecologista, senza vendersi alla prima occasione utile, a Torino, un successo del M5S, potrebbe diventare “pedagogico” anche per loro (noi) su quello che c’è veramente da fare, se si vuole governare ‘sto paese.
Voto disgiunto: Appendino - Torino in Comune

Milano: nebbia fitta.
Fossi milanese, sarebbe la prima volta in vita mia che dovrei oggettivamente arrendermi di fronte all’inutilità della partecipazione elettorale.
Tra la zuppa Sala e il pan bagnato Parisi, forse un voto a Basilio Rizzo mi convincerei a darlo, ma qua la costante di candidato di lungo corso della sinistra, chiamato all’ultimo minuto come salvatore della patria e con il solo ruolo di tenere insieme i cocci riottosi della sinistra milanese, francamente non mi pare una gran scelta, mentre i 5 Stelle hanno fatto tutto quello che dovevano per screditarsi e ammantarsi di ridicolo, nella scelta della prima candidata come del secondo.
Se c’è il sole, forse opterei per un picnic all’Idroscalo.

 Finale Emilia: il sogno proibito
Temo  non sarà la competizione elettorale che influirà maggiormente sui destini politici dell’Italia, ma visto come la precedente amministrazione PD ha dovuto vergognosamente abdicare di fronte ai colpi della magistratura, e visto che qua, un candidato di sinistra, coerente, competente, comunista ma capace di rinunciare al proprio simbolo per un progetto comune più ampio,  c’è, dichiaro tutto il mio appoggio, per quello che vale, al candidato Stefano Lugli, ed alla sua lista Sinistra Civica.
In questi anni ha fatto tutte le battaglie giuste e la sua militanza è sempre stata disinteressata, senza guadagnarci nulla e senza mai svendersi al tavolo di trattative al ribasso in cambio di un posto di giunta.
Dopo il crack della giunta PD, se i finalesi avessero coraggio a sufficienza per fidarsi di persone così, forse non si cambierebbe il mondo, ma almeno qua intorno si respirerebbe un’aria migliore.

Forza Stefano!

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