Facciamo che stendiamo un velo sull’esperienza di Marco
Revelli come garante “civico” della lista L’Altra Europa, che aveva fatto
intravedere qualcosa di buono per la sinistra nostrana alle europee del 2014,
salvo poi spappolarsi il giorno dopo la fine della campagna elettorale, e ci
teniamo solo il Marco Revelli docente di Scienza della Politica.
Ecco, messa così la lettura del suo saggio uscito alla fine
dell’anno scorso, diventa decisamente più “neutra” e regala un’analisi largamente
condivisibile su tre punti: la deriva populista del partito di governo, il
disegno di riforma costituzionale ed elettorale come funzionale a questa
deriva, la deriva nostrana come esito anche degli assetti europei.
In pratica mi sono ritrovato messo in bella forma e
chiaramente dettagliati, anche grazie a un misutato ricorso all’evoluzione dei
dati elettorali oltre alla cronaca del primo anno di governo Renzi, molte delle
considerazioni che con meno mezzi teorici e documentali, mi sono sentito di fare
in questi anni, per dirla con parole sue, occorreva “cercare e possibilmente
trovare in tempi rapidi, una qualche alternativa in termini di discontinuità al
al fallimento della classe politica e dei suoi evanescenti involucri partitici
strutturatisi nel contesto della cosiddetta Seconda Repubblica: una soluzione,
per così dire, eccezional sul piano dello stile politico per assicurare una
sostanziale continuità sul piano del paradigma economico e sociale”.
La “rottamazione” renziana alla fine sarebbe tutta qua, un
gioco di specchi, che in nome del “nuovo” del “fare” e di una a tratti ridicola
rivalutazione del mito marinettiano della “velocità”, in realtà ha fatto sì una
volta di più che il principale partito una volta di sinistra, operasse come
primo garante di determinati interessi del sistema economico dominante.
Il processo viene chiaramente descritto, attraverso una
cronistoria che pare quasi da “instant book”, degli anni dalla caduta del
governo Berlusconi al primo anno di governo Renzi, e in questo senso
rischierebbe di apparire inevitabilmente datato letto
alla luce degli avvenimenti dell’ultimo anno, se non fosse che l’intreccio tra “evoluzione”
del partitone, mutamenti dei comportamenti elettorali e tentativo di “riforma”
della Costituzione, costituiscano materiale già buono per i futuri storici del
sistema politico italiano.
Fossi nella base del PD, organizzerei qualche gruppo di
lettura di questo saggio, non tanto per farsi “spiegare” da terzi cosa sia
diventato il loro partito, ma almeno per capire come questo venga percepito da
chi lo ha abbandonato nel corso degli ultimi anni (e parliamo di qualche
milionata di voti, come precisamente riportato nella prima parte del saggio,
leggendo l’evoluzione dei risultati delle ultime politiche, europee e amministrative
del 2014, figuriamoci alla luce dei risultati del 2016).
Invece questo libro, di parte ma non privo di oggettività nella sua interpretazione “da sinistra” del collasso del nostro sistema di rappresentanza,
di quel fenomeno molto nostrano del “populismo di governo” e di quanto sia funzionale
al sistema di potere anche su scala europea, con ogni probabilità sarà letto
giusto da qualche studente del prof. Revelli e da pochi “appassionati”, che
cercano di capire come sia possibile che il sistema politico italiano appaia
oggi così privo di prospettive diverse, tra il populismo del potere a quello speculare
delle sue attuali opposizioni, che a livello europeo tendono a prendere preoccupanti pieghe xenofobe e razzista, stemperate in Italia, non senza qualche ambiguità, dalla presenza .del Movimento 5 Stelle (di cui Revelli riesce a parlare senza troppo snobismo pregiudiziale, tipico di parte della sinistra politica italiana).
Revelli ha scritto il saggio alla fine del 2015, oggi avrebbe già materiale per aggiornarlo, sia per quanto riguarda nuove vette raggiunte dal modello populista renziano, che per il sostanziale raffreddamento di ogni speranza di rinascita da sinistra basato sull'esperienze greca e spagnola.
Pochissimo da aggiungere invece, rispetto al costante e convulso dibattersi agonico di qualsiasi tentativo di riorganizzazione politica a sinistra in Italia. Per ora.
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