In rete è tutto un fiorire di commenti di attivisti e dirigenti del partitone nostrano, su su fino al segretario dimissionario Renzi, di "endorsement" a favore di Emanuel Macron , il "giovine liberale", fuggito per tempo dalla disfatta del governo Hollande (in origine sventolato anche qua da noi come simbolo della "sinistra" che vince).
In altre parole, i PD nostrani, si spellano le mani nè più nè meno che per un liberale (forse), lasciando nel dimenticatoio il loro compagno Hamon (candidato ufficiale del PS francese), per non parlare dell'innominabile Jean Louis Mélenchon che, alla guida di una formazione "anomala" di ex socialisti, ecologisti e sinistra dispersa varia, non considerato dai media fino a dieci giorni fa, oggi rischia di essere in lizza per il ballottaggio, che i sondaggi danno come una corsa a 4 tra la destra estrema della Le Pen, quella mercatista di Fillon, il mercatismo "politically correct" appunto di Macron e la sinistra "anomala" di Mélenchon (che peraltro, è anche lui un fuoriuscito del PS, solo che lo fece quando ancora il PS era un pezzo importante del potere politico francese).
Come nota di colore fa specie vedere che gli stessi che hanno additato a pubblico ludibrio, per settimane, in patria, gli "scissionisti" di casa nostra, oggi si mettano in fila ad elogiare lo scissionista in casa altrui ("scissionista" in senso lato, dato che Macron non è mai stato dirigente del PS, ma era comunque membro del governo eletto dal PS).
Dato che l'unica differenza reale fra i due casi (italiano e francese) è che in realtà, quella di Macron è una scissione "da destra", se ne deduce che la scissione è "buona" se si fa in nome della difesa del mercato e del sistema vigente, cattiva se la si fa (anche in modo molto blando e ambiguo) su temi "da sinistra", come il patetico tentativo fuori tempo massimo di Bersani e soci di ridarsi una "verginità" di sinistra.
Sia come sia, dopo aver sepolto ancora in vita anche la memoria del povero "compagno" Hollande, incensato e osannato al momento della vittoria, dopo aver fatto finta che il PS abbia comunque individuato la figura a cui affidare l'immane compito di rimettere insieme una credibilità per sempre perduta (il povero Hamon), i piddini nostrani si schierano compatti a sostegno di Macron.
Roba che se fossi un socialista francese, alla prima riunione del PSE, quantomeno chiederei l'espulsione della delegazione italiana, per la mancata solidarietà al compagno di partito.
Nel frattempo cresce, alimentata dal disagio reale di tante persone e dalla crisi di rappresentanza per i ceti più danneggiati dalla "crisi" (che crisi non è) l'ondata di populismo xenofobo a destra, grazie alla facilità di offrire come capro espiatorio di ogni male l'ondata migratoria determinata da globalizzazione e guerre e, fortunatamente, anche la voglia nella sinistra di molti paesi di rimettersi in gioco, che in Francia si traduce all'appoggio di sempre più vaste fette dell'elettorato alla sinistra "anomala" di Mélenchon.
Se veramente il feticcio dell'unità a sinistra, usato a mo' di randello in Italia contro ogni organizzazione o corrente che ritenesse le politiche del partitone (anche pre-renziano) sbagliate, oggi avesse un senso, in teoria i socialisti francesi e i loro colleghi di partito italiani, dovrebbero riconoscere che l'unica possibilità di vedere istanze di sinistra nel dibattito per le presidenziali venga dal sostegno della candidatura di Mélechon ma, evidentemente, la cosa turberebbe troppo il sonno di classi dirigenti ormai assuefatte al sistema attuale.
In una situazione del genere, se Hamon avesse fatto il "beau geste" di ritirarsi, invitando al voto per Mélenchon, magari avrebbe poi potuto contattare alle legislative una piattaforma un po' meno radicale, forse anche un po' più ragionevole e realizzabile, e al tempo stesso messo seriamente le basi per la costruzione di un modello di sinistra unitaria e alternativa.
Ha prevalso invece la difesa di un'identità e credibilità largamente sputtanate, che richiederanno anni per essere ricostruite, sempre che nel frattempo non ci si perda per strada.
Sull'altro versante ("altro" anche rispetto ad Hamon, si badi bene), Macron e Renzi sono portatori dello stesso modello di politica: competizione leaderistica, smantellamento di ogni struttura di partito, gestione del potere per il potere, all'interno dei confini dettati dall'attuale sistema economico e finanziario.
In altre parole, i PD nostrani, si spellano le mani nè più nè meno che per un liberale (forse), lasciando nel dimenticatoio il loro compagno Hamon (candidato ufficiale del PS francese), per non parlare dell'innominabile Jean Louis Mélenchon che, alla guida di una formazione "anomala" di ex socialisti, ecologisti e sinistra dispersa varia, non considerato dai media fino a dieci giorni fa, oggi rischia di essere in lizza per il ballottaggio, che i sondaggi danno come una corsa a 4 tra la destra estrema della Le Pen, quella mercatista di Fillon, il mercatismo "politically correct" appunto di Macron e la sinistra "anomala" di Mélenchon (che peraltro, è anche lui un fuoriuscito del PS, solo che lo fece quando ancora il PS era un pezzo importante del potere politico francese).
Come nota di colore fa specie vedere che gli stessi che hanno additato a pubblico ludibrio, per settimane, in patria, gli "scissionisti" di casa nostra, oggi si mettano in fila ad elogiare lo scissionista in casa altrui ("scissionista" in senso lato, dato che Macron non è mai stato dirigente del PS, ma era comunque membro del governo eletto dal PS).
Dato che l'unica differenza reale fra i due casi (italiano e francese) è che in realtà, quella di Macron è una scissione "da destra", se ne deduce che la scissione è "buona" se si fa in nome della difesa del mercato e del sistema vigente, cattiva se la si fa (anche in modo molto blando e ambiguo) su temi "da sinistra", come il patetico tentativo fuori tempo massimo di Bersani e soci di ridarsi una "verginità" di sinistra.
Sia come sia, dopo aver sepolto ancora in vita anche la memoria del povero "compagno" Hollande, incensato e osannato al momento della vittoria, dopo aver fatto finta che il PS abbia comunque individuato la figura a cui affidare l'immane compito di rimettere insieme una credibilità per sempre perduta (il povero Hamon), i piddini nostrani si schierano compatti a sostegno di Macron.
Roba che se fossi un socialista francese, alla prima riunione del PSE, quantomeno chiederei l'espulsione della delegazione italiana, per la mancata solidarietà al compagno di partito.
Nel frattempo cresce, alimentata dal disagio reale di tante persone e dalla crisi di rappresentanza per i ceti più danneggiati dalla "crisi" (che crisi non è) l'ondata di populismo xenofobo a destra, grazie alla facilità di offrire come capro espiatorio di ogni male l'ondata migratoria determinata da globalizzazione e guerre e, fortunatamente, anche la voglia nella sinistra di molti paesi di rimettersi in gioco, che in Francia si traduce all'appoggio di sempre più vaste fette dell'elettorato alla sinistra "anomala" di Mélenchon.
Se veramente il feticcio dell'unità a sinistra, usato a mo' di randello in Italia contro ogni organizzazione o corrente che ritenesse le politiche del partitone (anche pre-renziano) sbagliate, oggi avesse un senso, in teoria i socialisti francesi e i loro colleghi di partito italiani, dovrebbero riconoscere che l'unica possibilità di vedere istanze di sinistra nel dibattito per le presidenziali venga dal sostegno della candidatura di Mélechon ma, evidentemente, la cosa turberebbe troppo il sonno di classi dirigenti ormai assuefatte al sistema attuale.
In una situazione del genere, se Hamon avesse fatto il "beau geste" di ritirarsi, invitando al voto per Mélenchon, magari avrebbe poi potuto contattare alle legislative una piattaforma un po' meno radicale, forse anche un po' più ragionevole e realizzabile, e al tempo stesso messo seriamente le basi per la costruzione di un modello di sinistra unitaria e alternativa.
Ha prevalso invece la difesa di un'identità e credibilità largamente sputtanate, che richiederanno anni per essere ricostruite, sempre che nel frattempo non ci si perda per strada.
Sull'altro versante ("altro" anche rispetto ad Hamon, si badi bene), Macron e Renzi sono portatori dello stesso modello di politica: competizione leaderistica, smantellamento di ogni struttura di partito, gestione del potere per il potere, all'interno dei confini dettati dall'attuale sistema economico e finanziario.
Che questo sia utile per frenare le ondate di populismo di destra che attraversano i nostri paesi, a me pare molto dubbio.
Vada come vada, sono abbastanza convinto che stasera Mélenchon non passerà, quel che è certo è la figura barbina che faranno i socialisti del PS, nel totale abbandono anche dei loro "cugini" italiani, a cui in fondo la parola "socialista", crea pure qualche imbarazzo.
Vada come vada, sono abbastanza convinto che stasera Mélenchon non passerà, quel che è certo è la figura barbina che faranno i socialisti del PS, nel totale abbandono anche dei loro "cugini" italiani, a cui in fondo la parola "socialista", crea pure qualche imbarazzo.
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