Partiamo intanto dal dire che portare 4611
persone, in un giorno solo, a votare per le primarie, è tutt’ora,
nonostante il calo netto rispetto alle edizioni precedenti, una notevole prova di
mobilitazione.
Che lo sia di democrazia è un’altra storia (per
quanto mi riguarda alle primarie del partitone mancano due requisiti per dirsi “democratiche”.
Il primo è che manca la certezza della base
elettorale.
Un’elezione è democratica se si sa chi ha diritto di voto. Per le
primarie che scelgono il segretario di un partito (sorta di associazione
privata, di vaga forma giuridica, per quanto nominata nella Costituzione), logica vorrebbe che venisse scelto dagli
iscritti di quell’organizzazione.
Si può anche pensare di allargarle agli
elettori che si registrano come elettori “democratici”, ma in teoria la cosa
dovrebbe essere fatta PRIMA delle elezioni, non durante (e non solo per
garantirsi dagli scandali delle truppe cammellate in qualche seggio, malcostume
che esiste ma che ritengo non incida statisticamente).
Il secondo motivo è che la parità fra concorrenti
è un puro miraggio, in questo caso che vedeva correre l’ex presidente del
consiglio, come in altri (clamoroso quelle per le regionali, dove il faccionedi Bonaccini era appiccicato davanti ad ogni sezione, mentre del suo avversario non ci si ricorda neanche il nome).
Detto questo, visto che sono ottima materia per
monopolizzare i media per mesi e visto che creano “appartenenza”, chi può farle
fa benissimo a farle.
A Carpi il risultato non si discosta da quello
nazionale se non per frazioni di punto, prova (per altro già anticipata dai
voti degli iscritti nelle sezioni), che anche il PD carpigiano è
definitivamente “renzizzato”.
Poche , anche se pesanti le figure istituzionali
che si erano spese per Orlando (la cui distinzione da Renzi, potrà forse essere
nei toni e nei modi, ma sicuramente non nei contenuti), nessuna per “l’estremista”
Emiliano, che comunque si porta a casa il suo 6%.
Sul conformismo del partito carpigiano si sono
versati nei decenni litri di inchiostro (o milioni di bites), quel che è certo
è che la transizione da Bersani a Renzi anche qua si è compiuta e il partito è
tornato uno e compatto.
Un po’ più piccolo, ma per dimensioni organizzative ancora unico nella capacità di mobilitazione.
Forse.
È il popolo dell’acqua pubblica, impegnato nella
raccolta firme per il referendum per impedire la vendita di AIMAG a HERA.
Nonostante i gli arroganti, patetici, meschinitentativi del PD carpigiano e del Sindaco Bellelli di ostacolare la raccolta
firme, il raggiungimento della cifra prevista dal regolamento comunale è di
fatto già assodato, ma i militanti del Comitato per l’acqua pubblica,
continuano pervicacemente nel loro lavoro di militanza e informazione, per
garantirsi un ragionevole cuscinetto di firme eccedenti il minimo, con ancora
quasi un mese di tempo per completare la raccolta.
Supportati solo da sporadici articoli su i
giornali locali e da militanti in rete sui social, quelli del Comitato, su un
tema ostico, hanno “mobilitato”, uno
per uno, convincendoli dai loro banchetti di strada, un paio di migliaia
abbondanti di cittadini.
È un popolo che per dimensioni, dovrebbe cominciare a
preoccupare i dirigenti del partitone, perché dimostra che non sono “monopolisti”
né della capacità di mobilitazione, né tantomeno di sventolare in modo esclusivo
la bandiera della “democraticità”, tanto decantata per scegliere i loro leader
(9 volte su 10 comunque già predestinati), quanto ostacolata quando si tratta
di usare gli strumenti, regolati da norme istituzionali e non da regole di
partito, per dar voce veramente ai cittadini.
In realtà, i due popoli, in passato erano largamente
sovrapponibili (come nel caso del 2010), ora credo invece che un solco di
incomunicabilità , salvo che per ristrette frange dall'una e dall'altra parte,
si vada allargando e chi cerca di tenere insieme disperatamente ciò che non può starci (la Sinistra Italiana che governa con il PD e intanto invita più o meno apertamente a sostenere il referendum), prima o poi dovrà decidere con chi stare in modo definitivo e non a correnti alterne, perchè il tema è tutt'altro che di poco conto, per quanto riguarda l'idea che un'amministrazione dovrebbe avere del governo locale e quali valori rappresentare.
Sia come sia, ieri il PD carpigiano ha dato ancora prova di poter contare su un discreto “zoccolo duro”, per quanto quasi dimezzato rispetto a quattro anni fa, e comunque di sufficiente consenso per determinare le maggioranze di questo comune.
Allo stesso tempo, con infinite meno risorse e visibilità il comitato voluto e promosso da tanti esponenti delle forze di opposizione e semplici cittadini (e fra i firmatari anche da qualche elettore PD), raggiungerà anche lui un obiettivo che vale doppio, proprio per via dell'ostinazione con la quale il PD ha provato ad ostacolarlo, coprendosi di ridicolo.
Se poi teniamo conto, come ci insegnano i casi elettorali
di paesi come Olanda e Francia, che di questi tempi, anche partiti molto strutturati possono subire
violenti rovesci su scala nazionale, fossi nella classe dirigente del partitone, qualche pensiero ce l'avrei..
Certo, su scala locale, l’eredità di consensi costruita dalle generazioni precedenti, mostra segni di erosione, ma è ancora larga.
Una
classe politica lungimirante cercherebbe di capire e dialogare con
il suo “elettorato perduto”, quello che invece abbiamo visto con le ultime
giunte, specie nel modo di gestire le vicende in Consiglio Comunale, è l’arroganza
di chi si considera, in quanto "vincente", sempre dalla parte giusta e la totale incapacità di
confronto con le istanze che non si siano “generate” all’interno dei canali del
partitone stesso, ovvero un uso miope del potere.
In questi anni, a Carpi, in assenza di avversari credibili o
credibilmente organizzati, PD e microalleati hanno potuto permettersi ancora di
fare finta di rappresentare la quasi totalità della comunità carpigiana come
negli anni 70, ma la realtà è appunto diversa e, presto o tardi, potrebbe
esserci qualche brusco risveglio, se non in termini di ribaltoni dei risultati elettorali, di
sicuro in termini di astensione (cosa che comunque ai renziani va benissimo,
basti pensare ai commenti sulle ultime penose elezioni regionali).
Del resto, se ci si sceglie un leader "rottamatore", il risultato non può che essere quello di governare su cocci e macerie (in questo caso dell'identità politica e del senso di appartenenza alle istituzioni che appartenevano a questa terra).
Così ad occhio, non pare una via nè saggia, nè duratura.
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