Basterebbe il comunicato fatto uscire oggi dal consigliere comunale di Forza Italia Roberto Benatti, che definisce Cesare Galantini (di
Sinistra Italiana) come il proprio “assessore di riferimento”, per chiarire la
distanza politica che ormai ci separa (se non fossero bastati le decine di post
su questo blog circa l’insipienza della presenza in giunta di SEL prima, oggi
SI).
Distanza che per inciso, rende sempre più improbabile che il
citato assessore ed io si metta la X sullo stesso simbolo, alle prossime
elezioni politiche.
Detto ciò, bisogna onestamente riconoscere che l’attacco del
M5S all’assessore, reo (a loro dire) di avere affittato un proprio appartamento
alla cooperativa che si occupa dell’accoglienza dei profughi gestiti dalla
prefettura, è a metà strada tra lo stupido e il desolante, con qualche spizzico
di ignobile.
Il Galantini proprietario di immobile, ha seza dubbio
gestito in modo approssimativo una questione delicata, insieme alla
cooperativa, se quel che riferiscono i condomini dell’appartamento affittato e
ospitante sei profughi è vero. Non che ci fossero obblighi legali, ma se pensi
di dare aiuto ad un progetto di integrazione e non ti preoccupi manco di
avvisare i vicini, diciamo che sei già partito col piede sbagliato.
Il Galantini assessore, che sa quanto il tema migranti,
anche a Cari, sia sventolato in modo strumentale dalle forze di destra fino ai
fascisti di Forza Nuova e, a tratti, anche dal M5S, fosse stato un po’ più “smart”,
non avrebbe omesso di dire che l’appartamento affittato era suo, ma anzi
avrebbe dovuto rivendicarlo, come buon esempio (se fosse stato capace di
gestire la cosa in modo esemplare…): proprio nel momento in cui tutti i
commentatori televisivi e politici da talk show ripetono incessamente il “prendeteveli
a casa vostra”, Galantini lo ha fatto (a parte il dettaglio che non vive lì, ma
resta il punto che non è facile che i proprietari di immobili sfitti collaborino
per il collocamento dei rifugiati e quindi la cosa aveva comunque un chè di
esemplare).
Tutto questo però non si può in alcun modo configurare con
la caccia al mostro intentata dai consiglieri 5 Stelle, che riescono ormai da
tre anni e mezzo, nella brillante operazione di fare e dire ogni tanto la cosa
giusta (vedi la generosa mobilitazione sul referendum AIMAG), per poi
sputtanarsi con queste iniziative che trasudano più livore personale e ansia di
“incastrare” qualcuno, per dimostrare che sono tutti feccia, che non buon senso
politico e onestà intellettuale.
E quando lo fanno, lo fanno con così plateali pisciate fori
dal vaso, da uscirne fradici pure loro.
La gestione dei rifugiati è un tema delicato che andrebbe
affrontato con notevoli dosi di buona organizzazione, comunicazione, senso
della misura e (un po’ di ) umanità.
Se
un’amministrazione è manchevole sui primi due fattori (e sia ben chiaro, che
nel caso specifico, l’amministrazione comunale non aveva e non ha
responsabilità specifiche), rinunciare agli altri due da parte dell’opposizione
ha come unico risultato di alzare il classico inutile polverone, coprendosi punire
di ridicolo per la pretesa di trovare nella scelta di Galantini un qualche
appiglio per un reato penale.
I 5 Stelle funzionano meglio quando sono in grado di fare
proposte positive e un po’ meno quando fanno i mastini con la bava alla bocca,
il minacciare il ricorso alla Procura ad ogni stormir di fronde (è accaduto
spesso in questi tre anni e mezzo di amministratura), rischia di dipingere i
consiglieri del M5S (specie una su tre) come la macchietta del bambino che
gridava al “al lupo al lupo”, senza che il lupo arrivi mai.
Ci sono molti modi per dare forma al proprio dissenso
politico rispetto all’attuale maggioranza PD-SI (più vecchie volpi
democristiane di cui oggi mi sfugge il nome come lista), il ringhiare
continuamente, per altro su un tema così delicato, mordendo poi puntualmente a vuoto, non è
esattamente il più efficace.
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