Carpi, amministrative 2019. Messaggio in bottiglia per donne e uomini di sani valori (di sinistra)

Col perfetto tempismo che mi contraddistingue, mentre tutti si concentrano (alternativamente o insieme) nel duro impegno per la campagna elettorale nazionale o nel duro disimpegno del festival sanremese, vi piazzo questo post che riguarda le elezioni carpigiane per il 2019.

Non serve che lo leggiate voi ora, serve a me per poter dire, fra un anno, “ma io ve l’avevo detto”, cioè per  mettermi la coscienza a posto e le mani avanti (o più onestamente, come direbbe il Poeta, per dare buoni consigli non potendo più dare il cattivo esempio).

Sia come sia, nel 2019 a Carpi si tornerà a votare per il Sindaco.
Sono abbastanza sicuro che la maggioranza dei cittadini al primo turno tornerà ad eleggere Bellelli, se si ricandida e se il partitone riuscirà a stare unito anche dopo la "ghega" che prenderà il 4 di marzo di quest’anno, anche in presenzadi qualche figura con notevoli problemi di ricollocamento al termine di questo mandato.

Allo stesso modo sono convinto che gran parte dei punti che mi avevano spinto ad accettare la candidatura a Sindaco nel 2009 e a dare il calcio d’inizio per la creazionedella lista Carpi Bene Comune nel 2014, siano ancora tutti lì e in particolare credo che ci siano due grossi bubboni inesplosi, ma che rischiano di esplodere a breve (questione urbanistica e gestione dei servizi locali) e altre questioni che semplicemente avrebbero bisogno, anche solo all’interno del consiglio comunale,  di uno sguardo diverso dal mero approccio gestionale/ragionieristico, dimostrato fin qui dalla giunta Bellelli e da quelle che lo hanno preceduto.

Sono anche convinto che quel tipo di “visione” che avevamo provato ad accennare, sia condivisa da molte più persone rispetto ai voti che siamo riusciti a raccogliere nel 2014 e proprio perché ritengo di aver sbagliato parecchio allora, è meglio se non mi ci rimetto anche stavolta.

Semplicemente, questo è giusto  un messaggio in bottiglia, dal mio personale e volontario  esilio dalla politica attiva nella quale mi sono ritirato, indirizzato a tutte le donne e gli uomini di sani valori Costituzionali e di sinistra carpigiani, magari andrà perso, magari non servirà perché  c’è chi ci sta già pensando e saprà proporre di meglio, magari qualcuno invece ci cozzerà contro e si provocheranno reazioni imprevedibili.

Ecco allora le due o tre cose (è un eufemismo) che mi sento di dirvi.
Se siamo d’accordo che esiste un potenziale di elettori di sinistra, non riducibile alle formazioni nazionali, di più o meno lunga durata,  in parte troppo demotivato per tornare al voto, per raccoglierlo bisognerà partire per tempo e non negli ultimi tre mesi prima delle elezioni, come facemmo con Carpi Bene Comune la volta scorsa (e in realtà anche un anno è poco, ma almeno sarebbe già un miglioramento).

Se il nostro primo errore fu l’essere partiti tardi allora, il nostro secondo errore ancora più madornale l’abbiamo fatto dopo le elezioni, non dando a Carpi Bene Comune quella forma associativa, che gli avrebbe consentito di potersi manifestare negli anni, anche con poche ma mirate iniziative, e dare continuità al discorso iniziato in campagna elettorale.
Del primo, come del secondo errore, ne ritengo ovviamente esente la nostra candidata Sindaca, Sara Rovatti, che oltre ad essersi sobbarcata, insieme a candidati e attivisti,  il peso della campagna elettorale (che comunque, in realtà fu anche una bella e diversa esperienza, viste anche le persone nuove coinvolte), su questo fronte ha provato a stimolarci tutti, ma il gruppo originario per le ragioni più diverse, tra lavoro , famiglie, salute e altre iniziative da seguire, non è riuscito a garantirle la presenza necessaria.

Sicuramente, se avessimo agguantato la dannata soglia del 3% e fossimo riusciti a mandare Sara in consiglio comunale, a quest’ora la cosa sarebbe stata diversa, ma inutile recriminare sul passato (e sulle divisioni a sinistra tra “governisti” e “autonomisti” che impedirono a entrambi di superare quella soglia).
 Resta il fatto che deve essere chiaro a chiunque ci voglia riprovare, che senza un minimo di costanza nell’organizazzione, nulla potrà mai crescere.

E a proposito di divisioni, sia ben chiaro che anche questa volta, sicuramente, la sinistra “istituzionale”, rappresentata in città da Sinistra Italiana (e alle prossime elezioni anche da MDP, ovvero i “bersaniani” fuoriusciti dal PD) non ha alcun interesse a presentare proposte diverse da quella che l’hanno caratterizzata negli ultimi due mandati, sotto altre sigle.
Le forze che oggi a livello nazionale promuovono Liberi e Uguali, (con l’esclusione di Possibile, che fortunatamente a Carpi non esiste, essendo io da solo forse il 50% degli iscritti e che quindi non potrà prendersi colpe per le amministrative del 2019), faranno un po’ di baccano e un po’ di scena e poi saranno pronte e scodinzolanti a prendere l’ennesimo osso (ovvero il posto in giunta) che il partitone (sempre meno “one”) anche questa volta gli getterà, a scapito di consensi risibili,  ergo, anche questa volta, la strada per un’alternativa partirà già in salita, come tutte le altre volte.

Tinto il quadro con tutte le previsioni più fosche possibili, resta un punto: c’è una larga parte di elettorato di sinistra non rappresentato dall’alleanza che ci governa, che non siamo riusciti a intercettare nel 2014, ma che un gruppo motivato, possibilmente nuovo e ben organizzato può riuscire a mobilitare, se si trovano persone disposte a fare due o tre cose fondamentali.

1  Studiare
Quel tipo di elettorato, con valori sicuramente di sinistra, non lo si può però convincere a tornare al voto semplicemente per base “identitaria”. Servono proposte concrete basate sull’effettivo studio sia dei bisogni della nostra comunità che degli strumenti dell’amministrazione comunale. Concretezza significa credibilità delle proposte, conoscenza di ciò di cui si parla, oltre alle mere enunciazioni di principio.
Servono gruppi di studio e lavoro che affrontino temi complicati e noiosi, che vogliano  entrare nelle pieghe del bilancio comunale,  che ne rivendichino la possibilità come cittadini e per farlo serve tempo (se si parte presto si può fare in modo compatibile con gli impegni d’ognuno, non serve un’assemblea a settimana)

2 Organizzarsi
Per le dimensioni che un gruppo del genere avrebbe, non servirebbe certo chissà quale organigramma verticistico, il punto è che servono comunque idee chiare su come si prendono le decisioni e serve anche la capacità di reperire un minimo di risorse PRIMA che la campagna elettorale inizi, ed è indubbio che una forma associativa vera consente comunque di avere voce in capitolo, anche nel caso si rimanesse fuori dal consiglio comunale.

3 Andare “oltre”
Bisogna essere capaci di parlare non solo a quelli (ahimè pochi) che come noi sono già convinti e condividono l’obiettivo di una politica capace anche  a livello locale di invertire la rotta rispetto ad alcuni temi fondamentali (nuove e vecchie disuguaglianze, questione ambientale, gestione della macchina comunale) ma anche a gente “normale”, con la quale condividiamo alcuni valori di fondo, ma che non necessariamente è in grado di capire o accettare toni militanti ed eccessivamente identitari, quando invece all’amministrazione comunale si chiede capacità di soluzione di problemi e di proposta.
Al tempo stesso sarebbe ora che queste persone “non militanti”, si decidessero ad andare oltre alla solita pacca sulla spalla, al solito dire “meno male che vi candidate voi, altrimenti non saprei chi votare” perché, se non si fosse capito fino ad ora, per quanto mi riguarda, io non mi candiderò, non lancerò appelli, non organizzerò assemblee: è ora che ci sia un po’ di sana turnazione.

4 Un po’ di coraggio
Bisogna avere il coraggio di provarci , almeno una volta nella vita. Chiamare a raccolta gli altri, candidarsi se serve, esporsi.
Certo non è l’unico modo di fare politica, ma se parliamo di elezioni, non possiamo sempre pensare che ci penserà qualcun altro.

Ecco, detto di quel che non c’è e di quel che serve, aggiungo solo che, comunque, nel 2014, una formazione spuria, con una candidata allora sconosciuta (ma che si seppe far valere e oggi lo potrebbe anche fare meglio) e senza una lira,  il simbolo Carpi Bene Comune ebbe risultati migliori di formazioni nazionali, il cui simbolo era in tutti i tg e i cui leader comparivano in tutti i talk show.
Dato che almeno una volta quel simbolo (che per inciso, a me piace molto) è già stato visto dagli elettori, sconsiglierei di ripartire da zero e non avrei problemi a “passarlo” a chi ne condividesse valori e scopi per come li avevamo enunciati allora e volesse metterci del suo (ovviamente parlo a mero titolo personale, non so cosa ne pensino gli altri che parteciparono all’iniziativa).

O forse no, forse da qualche parte, in qualche casa o scantinato, qualcun altro ha già cominciato a pensarci senza bisogno di consigli di chi la sua parte si sente di averla già fatta e ci presenterà qualcosa di nuovo che “funzionerà” e sarei ben felice di essere stupito.

In fondo, per quelli della mia generazione, “Message in a bottle” era anche il primo successo dei Police, e la storia era, che il naufrago sull’isola, scopriva che mentre lui scriveva il suo messaggio, sulla sua spiaggia, la mattina dopo, ne  arrivavano “a hundred million bottles”.

Ne basterebbero molte (ma molte) meno per partire.

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