Di Frans Van Der Hoff, del commercio equo e solidale e dei miei debiti.

 Avevo detto che avrei riaperto il blog se avessi avuto da commentare qualche altro grottesco regalo della politica locale nostrana, invece mollo la meschinità da entomologo della campagna elettorale per una storia che fa volare alto, politica che più politica non potrebbe essere, e che mi "pacifica il cuore" (semicit.).


Il Caffè UCIRI, di cui lessi per la prima volta sul “Salvagente”, il settimanale di consumatori, all’epoca forse ancora allegato all'Unità, quando ero segretario della Sinistra Giovanile di Carpi nel 1992, fu il primo motore che mi spinse a fare la prima bancarella di commercio equo e solidale in una sezione del Partito Democratico della Sinistra (la Sezione XXV Aprile, con l’appoggio dell’allora responsabile dell’organizzazione comunale del partito, Enrico Campedelli).
Era il mio tentativo da "funzionario politico" di aprire in modo concreto un canale di partecipazione attiva, come consumatori, "votare con il portafoglio", in un periodo in cui il partito erede del PCI, e la politica tutta, era considerata qualcosa di sporco, inviluppata nelle questioni giudiziarie di mani pulite e, a sinistra, sostanzialmente dispersa dal punto di vista ideale e “ideologico”, non sapendo con cosa sostituire la visione non dico “comunista”, ma anche solo socialdemocratica della società, dopo il crollo del muro (e prima di diventare sostanzialmente mercatista e consociativa).

Il commercio equo e solidale in realtà era (e tutt’ora è) molto legato ad organizzazioni di chiara ispirazione cristiana e a Carpi, negli stessi anni, anche il Centro Missionario Diocesano lo promuoveva attivamente nelle parrocchie, come strumento di solidarietà ma a me parve che portasse con sè esattamente tutti i valori che avrebbe dovuto avere una visione del mondo ecologista, di giustizia sociale e "globalista", mentre già cominciavano ad apparire le prime plateali affermazioni di politiche xenofobe e razziste nella politica nostrana, alle quali si opponeva un'idea di globalizzazione che globalizzava tutto, tranne che i diritti e la dignità delle persone che, a sinistra, inghiotti ogni residuo ideale nelle derive "alla" Blair, Schroeder e della sinistra nostrana, che aderirono entusiasticamente alla logica del commercio mondiale del WTO.

A Carpi, proprio in preparazione dell’anno giubilare 2000, ci fu l’intuizione dell’allora referente del Centro Missionario Ennio Santoriello di unire le forze di tutti quelli che nel nostro comune si erano interessati della cosa (nonostante una certa qual tradizione di "barriere ideologiche" fra cattolici e "comunisti" o "ex comunisti" fosse ancora ben viva), per dare gambe più robuste al commercio equo e solidale, in una vera "Bottega del Mondo", come ce n'erano già tante in Italia e in Europa.
Io nel frattempo avevo lasciato il partito, ma qualcuno (con santa pazienza) aveva tenuto viva l’iniziativa ancora per un po', all’interno della Sinistra Giovanile e del giro del Kalinka , e fu così che nel 2000, un gruppo molto variegato di esponenti dell'associazionismo cattolico e "laico", militanti di sinistra più o meno moderata, terzomondisti e financo qualcuno di chiara venatura anarchica, insieme ad altri semplicemente sensibili al tema, dopo interminabili serate a discutere del perchè e del come, fece nascere  la cooperativa sociale  Bottega del Sole (Solidale ed Equa).

In questi (per me) trent’anni abbondanti, il commercio equo e solidale, con tutti i suoi alti e bassi e le sue contraddizioni e criticità locali, nazionali e globali(che non sono mancate e non mancano),  per me ha significato lo stringere relazioni pluridecennali, con persone di formazione ed esperienze molto lontane dalla mia, che senza questa esperienza probabilmente non avrei mai conosciuto.
Ho imparato tantissimo, sul mondo e anche sulle relazioni non solo commerciali,  e mi ha consentito di poter dare un contributo, per quanto microscopico, comunque  reale, alla sopravvivenza di un’idea di giustizia sociale molto più concreta di qualsiasi impegno politico abbia mai affrontato fino ad ora.

Per questo ho una serie infinita di debiti con Frans Van Der Hoff, con le comunità indigene che diedero vita a UCIRI (pure senza essere mai stato in Messico), con tutti quelli che in qualche modo hanno sostenuto quella prima “bancarella” e poi la Coop. Sociale Bottega del Sole e ancora la sostengono (non ultimo per il fatto che forse, oggi, non esisterebbe la mia famiglia, se non ci fosse stata la Bottega del Sole e quindi se nel 1992 non avessi letto quell’articolo, che parlava di una comunità che produceva un caffè da coltivazione bio, pagando un prezzo giusto a chi lo produceva e probabilmente non starei neanche facendo il lavoro che sto facendo adesso).

Vi invito quindi caldissimamente, come se fosse un favore personale, ad ascoltare questi 30 minuti scritti in memoria di Frans Van der Hoff  da Duccio Facchini, disponibili sul sito di Radio 3,  che ne restituiscono bene la figura.
Che la sua storia abbia la massima diffusione possibile, nel mio piccolo, è il modo per ringraziare lui e tutti quelli che, poco o tanto, dall'inizio o arrivandoci dopo, ancora lì o perdendosi per strada, dal 1992, a Carpi, il loro pezzo per un mondo più giusto ce l’hanno messo davvero.

Buon ascolto.

Commenti